“Con il Covid-19 torna lo spettro dei manicomi”. E’ una accusa senza precedenti contro lo stato di emergenza che arriva da associazioni e organizzazioni per la difesa dei diritti delle persone con disabilita’ e delle famiglie, a cui continuano ad aggiungersi firme ora dopo ora.
“Al presidente della Repubblica, al presidente del Consiglio, ai presidenti di Regione e a tutti i sindaci d’Italia- scrivono insieme – si richiede con la massima urgenza di porre fine alla segregazione delle persone con disabilita’ che vivono all’interno di strutture residenziali sociosanitarie e sanitarie-riabilitative”.
Nessuno, difatti, “deve essere privato del diritto alla libertà di uscire, sempre nel rispetto dei protocolli di sicurezza”. Nessuno deve essere privato, ribadiscono, del “vivere i propri affetti familiari. Le strutture residenziali per le persone con disabilita’ (come Rsd, comunità sociosanitarie e comunità alloggio) non devono e non possono essere equiparate alle Rsa o alle strutture sanitarie”. Le persone con disabilità, aggiungono, “vivono una diversa condizione di vita ma non sono malati e lo ricorda anche la Convenzione Onu in materia”.
Lo stesso Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della liberta’ personale si era infatti rivolto in una lettera ai presidente delle Regioni sulle Rsa scrivendo: “Sono state molte le segnalazioni giunte al Garante in questo periodo e ancora oggi risulta che in molte strutture persone con disabilità non hanno la possibilità di incontrare le persone care o di riferimento. Non basta vedere a distanza- scrive il Garante- perché in molti casi, soprattutto per persone con disabilita’, l’assenza di relazioni anche gestuali dirette determina una regressione cognitiva con forte rischio di istituzionalizzazione”.
A detta dell’Autorita’, dunque, tale situazione “si trasformerebbe in una ordinarieta’ caratterizzata dall’isolamento dal mondo esterno e dalla rarefazione degli incontri con le persone care”, il che “puo’ cosi’ configurarsi come forma di discriminazione in ordine all’eta’ della persona o al grado di disabilita’”. La condizione di vita determinata da una disabilita’, concludono associazioni e organizzazioni, “necessita di progetti riabilitativi, non di isolamento dal resto del mondo. Con le dovute attenzioni e l’utilizzo di dispositivi di protezione, anche le persone disabili hanno il diritto di tornare a vivere, amare ed essere amati dai loro familiari”.
A firmare l’appello: Loredana Fiorini, presidente dell’associazione di promozione sociale ‘Hermes’, Elena Patrizia Improta, presidente ‘Oltre lo Sguardo Onlus’, Cesarina Olivan, presidente di ‘Nuove Frontiere’, Umberto Emberti Gialloreti, Delegato Uic-Unione Italiana Ciechi, Donatella Palumbo dell’Anffas Lazio ed Enrico Troiani, presidente Fand Roma e provincia. E ancora: Guido Trinchieri, presidente Ufha, Maria Cidoni presidente A.ge.cem., Renato Lucarelli dell’associazione Arvad, Dolores Lande, presidente A.g.p.h. e Francesca Trionfi, presidente Associazione Oikos Onlus – Una casa per vivere.
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