di Raffaele Piccoli – Il 21 settembre Roberto Castelli, nel corso di una conferenza stampa tenutasi a Milano, ha annunciato l’addio alla Lega per Salvini Premier.
Dopo essersi brevemente soffermato sulle motivazioni che lo hanno indotto a lasciare il partito, l’ex ministro della giustizia, ha elencato i punti politici per la ripartenza.
Castelli ha sottolineato come ben 5 Regioni (Liguria, Piemonte, Lombardia, Veneto e Friuli-Venezia Giulia) oltre alla Provincia autonoma di Trento, siano a guida leghista o di partiti del centro destra.
Già oggi a Costituzione vigente, in base agli articoli 117 e 132, sono possibili forme di integrazione tra Regioni, senza passare dal vaglio del Parlamento.
Questo aspetto istituzionale, di per se importante, non è sufficiente.
E’ indispensabile creare massa critica, superare cioè l’antagonismo e il frazionismo, e costituire una rete di collaborazione tra movimenti autonomisti, presenti un in tutto il Nord, oltre a collegamenti con movimenti simili in Europa. Non esistono alternative.
La politica è l’arte del possibile. Il possibile oggi è quanto ci viene offerto dalla Costituzione. La creazione di una macroregione, che possa condividere tutto quanto è condivisibile a legislazione vigente, avendo ben chiaro che è molto di più quello che unisce rispetto a quello che divide.
Sin qui gli auspici, ma da realisti si deve comprendere che manca, su questo, la volontà politica. La volontà cioè di costruire un progetto che esca dal vincolo centralista che nel Parlamento Italiano si esprime con l’eterno conflitto che oppone la destra alla sinistra, oggi anche condito dal vincolo nazionalismo – populismo.
Su questo le difficoltà che incontra il cammino del progetto di autonomia differenziata di Calderoli, non lascia dubbi e non ci stupiamo, era facilmente prevedibile.
Gli interessi di parte che bloccano qualsiasi forma di ” decentramento ” sono tali che una legge che tolga potere al centro, o viene insabbiata o annacquata.
Bossi lo sa da sempre, sin dagli albori della Lega aveva chiaro che il sistema è irriformabile dall’interno, nonostante che da Ministro per le riforme abbia tentato più volte di porvi rimedio.
Chi gestisce il potere lo fa per interesse di parte, poi forse ogni tanto per il bene del Popolo.