Cominelli bacchetta Valditara. La scuola non è infatti solo una questione di stipendi

30 Gennaio 2023
Lettura 3 min

di Sergio Bianchini – Come sempre Giovanni Cominelli è l’unico analista della scuola che non fa parte del coro pieno di luoghi comuni, quel coro apparentemente fulgido sostenitore dell’importanza assoluta della scuola ma che analizza singole questioni scandalistiche ed oscura la permanente ed assoluta inadeguatezza organizzativa del sistema scolastico generale.

E così Cominelli svela la vuotezza delle idee dell’ennesimo ministro nulliforme che non ha nessun programma. O se ce l’ha lo tiene nascosto come fanno tutti, o quasi, coloro che parlano con sapienza di scuola. Si perché la paura di tutti è sempre quella di finire nel tritacarne del sindacalismo e del meridionalismo. E allora usano il cacciavite cioè idee su cosette che non cambiano quasi nulla anzi rendono il tutto sempre più caotico. (https://www.lanuovapadania.it/cultura/gli-stipendi-differenziati-degli-insegnanti-e-il-cervello-della-sinistra-massimalista-e-sedicente-riformista-e-sedicente-liberale/).

Cominelli spiega che l’idea dell’aumento a chi insegna al nord favorisce solo gli insegnanti precari immigrati al nord e quindi perpetua la totale meridionalizzazione della scuola. Cosa non compresa dai nordisti che la scambiano per un riconoscimento dell’importanza del nord.

Nell’articolo Cominelli ribadisce la necessità di una riforma generale della struttura scolastica con al centro l‘autonomia dei singoli istituti scolastici ed il potere di fare concorsi, assunzioni e gestione autonoma del personale. Magari! A me basterebbero concorsi territoriali e provveditori agli studi centrati sulle stesse aree di due o trecento mila abitanti.

A questa idea aggiunge e risveglia un’idea lanciata con proposta di legge di quindici anni fa da Valentina Aprea che era stata la principale collaboratrice della ex ministra Moratti. Aprea pensava di prendere il posto della Moratti nel 2008 quando Berlusconi tornò al governo dopo 2 anni di assenza. Sperava di poter riprendere la riforma Moratti sospesa con la sconfitta elettorale del 2005. Invece Berlusconi nominò ministra la Gelmini che abolì definitivamente tutto l’impianto ideato da Moratti e Bertagna tornando alla situazione precedente. Scelta imperdonabile!

La proposta di legge n. 953, di Valentina Aprea prevedeva una professione docente “articolata nei tre distinti livelli di docente iniziale, docente ordinario e docente esperto, cui corrisponde un distinto riconoscimento giuridico ed economico della professionalità maturata”.

Mi sembrava e sembra anche oggi un’ottima idea ma come sempre fu seppellita dalla paura di perdere quel milione di voti che i dipendenti della scuola governati solo dal sindacato negano a chi non sostiene la loro particolare e singolarissima situazione.

Si, la scandalosa singolarità della condizione italiana degli insegnanti sta in due fattori sempre taciuti da tutti gli “analisti” professionisti del depistaggio.

Il primo elemento è il fatto che il mestiere del docente è un part time. I docenti elementari hanno un orario di 22 ore settimanali di lezione e quelli di medie e superiori di 18 ore settimanali. Le lezioni si svolgono su 33 settimane all’anno. Il part time dei docenti è stato usato tantissimo dalle mamme insegnanti, dai doppiolavoristi, dal volontariato politico, religioso e sociale. Tutti lo sostengono, a tutto pensando meno che agli alunni.

Il secondo elemento è che in mancanza di lezioni e della presenza degli alunni, i docenti, solo italiani, non sono tenuti a stare a scuola. Da qui le lunghe vacanze di Natale e Pasqua, i lunghi ponti che ogni scuola genera con il pacchetto autonomo di dieci giorni di chiusure personalizzate. Inoltre nel periodo delle vacanze estive il docente è libero, se non coinvolto negli esami. Gli esami sono stati aboliti nelle scuole elementari per cui un maestro dal dieci giugno al dieci settembre circa è in vacanza come gli alunni. Nelle scuole medie e superiori vale lo stesso discorso salvo per gli addetti agli esami che comunque sono coinvolti fino al termine di giugno con vacanza in tutto luglio e agosto.

Lo scandalo di questa situazione e la mancanza del docente full time, normale in tutto il mondo, è ben noto e certamente superiore al divario stipendiale rispetto all’Europa, ma è taciuto in tutte le analisi ed anche Cominelli non lo evidenzia nella parte iniziale del suo articolo dove confronta gli stipendi italiani e quelli europei.

Dichiarare apertamente un percorso completo verso la “normalità” della scuola è ancora pericoloso, impopolare e contrario alla grande finzione dominante. Non urge a mio parere la necessità di rinverdire il liberismo bensì l’onestà intellettuale.

Ricordando le fatidiche parole circa” la verità che rende liberi”.

L’introduzione del docente full time con 36 ore settimanali e il normale mese di vacanza potrebbe vedere un congruo aumento di stipendio che sarebbe accettabile intorno ai 2500 euro netti al mese.

Per le mamme, i doppiolavoristi , i volontari del mondo intero si potrebbe mantenere la normativa attuale considerata come part time e retribuita intorno ai 1500 euro netti al mese.

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Direttrice: Stefania Piazzo
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