Tra le 10 città più inquinate da pm10 in Italia, ben 4 sono lombarde: Milano, Cremona, Lodi e Monza e per la presenza di no2 nuovamente in vetta Milano, Monza e si classifica anche Como, facendo della regione la peggiore del Paese. Non è una sorpresa, purtroppo, il quadro che dipinge l’annuale dossier ‘Mal’Aria di città’ di Legambiente. La situazione rispecchia ancora fedelmente, nonostante il tempo trascorso, i termini della condanna Ue sia per i superamenti relativi ai due inquinanti sopracitati, sia gli annunciati provvedimenti in merito al pm2,5: inadempimento per il mancato rispetto ‘sistematico e continuativo’, dei valori limite. Il rapporto redatto dall’associazione ambientalista a livello nazionale intitola con un “troppo lentamente” la sintesi dei dati, ma la realtà è forse più preoccupante: non esistono efficaci o anche soltanto significativi piani di rientro dai cronici superamenti.
Nel dettaglio: Milano e Cremona, le due città fanalino di coda in Italia per il pm10, devono abbattere, rispettivamente, del 43% e del 42% le loro concentrazioni di inquinante rispetto alle media annua del 2022 per rientrare nei parametri della normativa in vigore dal 2030. Per ciò che riguarda il pm2.5 spicca Monza, con un gap disperato (60%), seguite a ruota da Milano e Cremona (57%), Bergamo (55%), Como (52%) e Brescia con Mantova (50%). Per l’no2, un pericoloso gas tossico la cui presenza nell’atmosfera è principalmente legata alla diffusione dei propulsori diesel, Milano deve quasi dimezzare i valori attuali per rientrare nella norma, seguita a ruota da Como e Monza, due città che hanno grossi problemi sia di congestione urbana, che di traffico di attraversamento.
‘Mal’aria di città’, diffuso durante la campagna itinerante di CleanCities, offre alcune possibili soluzioni, in particolare a carico del settore della mobilità: in un Paese che soffre di cronica sovradotazione di automobili, con i dati peggiori d’Europa per il rapporto tra autoveicoli e abitanti, la demotorizzazione resta un imperativo secondo Legambiente, da perseguire con politiche di moderazione del traffico, di sostegno alla mobilità attiva (ciclopedonalità e micromobilità urbana) e con il miglioramento e l’ampliamento dell’offerta di trasporto pubblico.
“Dobbiamo iniziare a chiederci se bastino provvedimenti come le low emission zone, finora vista solo a Milano con area B -afferma Federico Del Prete, responsabile mobilità e spazio pubblico di Legambiente LOMBARDIA-. La realtà che dobbiamo affrontare è quella di una drastica sterzata verso il trasporto collettivo, in LOMBARDIA particolarmente sofferente sia per la inadeguatezza dell’operatore regionale Trenord, sia per l’assenza di investimenti adeguati e di innovazione nell’offerta. Per non parlare dell’assurda insistenza in infrastrutture stradali, come la Pedemontana, la Cremona-Mantova o la Vigevano-Malpensa, manco fossimo ancora negli anni sessanta e in pieno boom economico: è inaccettabile pensare di dover creare nuova capacità stradale, quando la necessità è quella di razionalizzare la rete esistente”. Oltre a sharing, aree a basse emissioni estese anche agli edifici e diffusione della mobilità elettrica, un punto importante indicato da Mal’Aria 2023 è quello della necessità di uno spazio pubblico rinnovato: città per le persone, non per una singola categoria di trasporti. “Le città -aggiunge Del Prete- devono rappresentare la società delle persone, non quella dei veicoli. Milano prova a seguire Bologna con l’ordine del giorno in consiglio comunale per Città 30 km/h entro il gennaio del 2024, un provvedimento ormai standard in molte città europee, ma dalla giunta e dal sindaco arrivano segnali contraddittori, poco rassicuranti. Abbiamo bisogno di strade sicure per tutte le età e le abilità, non di anacronistiche invocazioni alla città che corre senza guardare a un futuro realmente sostenibile”.