Il ‘tesoriere’ della Lega Alberto Di Rubba, condannato a Milano in abbreviato, ha messo in atto una “spregiudicata logica di utilizzo dell’ente pubblico come cosa propria, avvalendosi di consolidati intrecci societari e personali” e le altre accuse che pendono a suo carico “sono indicativi di una sistematica quanto spregiudicata condotta, certamente causa di diffuso allarme sociale”. Lo scrive il gup di Milano Natalia Imarisio nelle motivazioni della sentenza con cui lo scorso 12 luglio ha condannato l’imputato a due anni e dieci mesi, con interdizione perpetua dai pubblici uffici in una tranche dell’inchiesta sulla Lombardia Film Commission . Alberto Di Rubba, in ragione della sua funzione, “aveva la disponibilità giuridica del denaro della Fondazione Lfc ( Lombardia Film Commission, ndr), denaro destinato al soddisfacimento di finalità di interesse pubblico; sicché, ogniqualvolta ne disponeva il trasferimento, questo era vincolato, o meglio avrebbe dovuto essere vincolato, esclusivamente alla realizzazione di tali fini” finalità che disattende secondo l’accusa e il giudice, come si legge nelle motivazioni di 40 pagine.
“La sentenza rappresenta un non raro esempio di perfetta sintonia del giudicante con la tesi della pubblica accusa. Che la condanna fosse l’esito mediaticamente più interessante va considerato un mero accidente storico”. Lo sostiene Piermaria Corso, difensore del ‘tesoriere’ della Lega Alberto Di Rubba, dopo la diffusione delle motivazioni. “L’ordinamento giuridico mette a disposizione un sistema di impugnazioni per rimuovere una sentenza ritenuta ingiusta: la Corte di appello sarà certamente chiamata a pronunciarsi sulla vicenda. Resta sullo sfondo la convinzione di un processo che si poteva, e doveva, evitare e che implicherà nel tempo un grave costo individuale e collettivo, ma verosimilmente – conclude il legale in una nota – questo non è ritenuto un problema”.