La leggenda del Piave, la Grande Guerra in una canzone

14 Giugno 2020
Lettura 2 min

di Marcus Dardi – La leggenda del Piave, conosciuta anche come la canzone del Piave, (inno nazionale italiano dal 1943 al 1946) è una delle più celebri canzoni patriottiche italiane.

Il brano fu scritto nel 1918 dal maestro Ermete Giovanni Gaeta che usava lo pseudonimo di E.A.Mario.

I fatti storici che ispirarono l’autore risalgono al giugno del 1918 quando l’Austria-Ungheria decise di sferrare un grande attacco sul fronte del Piave per piegare definitivamente l’esercito italiano, già reduce dalla sconfitta di Caporetto.

La Landwehr (l’esercito imperiale austriaco) si avvicinò pertanto alle località venete delle Grave di Papadopoli e del Monte Montello, ma fu costretta ad arrestarsi a causa della piena del fiume.

Ebbe così inizio la resistenza delle Forze armate del Regno d’Italia che costrinsero gli Austro-ungarici a ripiegare.

Ascoltare questa canzone è come studiare su un libro di storia con la differenza che con la musica i contenuti si conservano meglio nella memoria.

Questa canzone è una memoria storica da tramandare, da spiegare e da insegnare.

La I Guerra mondiale fu per noi la IV Guerra di Indipendenze poiché noi l’abbiamo combattuta per riprenderci i territori di Trento e Trieste.

Ecco a cosa serve il giornalismo-cantato, serve a tramandare storia e tradizioni in un modo più fruibile a volte allegro, a volte serio ma sempre ricco di storia.

TESTO

Il Piave mormorava calmo e placido al passaggio

dei primi fanti il ventiquattro maggio

l’esercito marciava per raggiunger la frontiera

per far contro il nemico una barriera

Muti passaron quella notte i fanti, tacere bisognava andare avanti

S’udiva intanto dalle amate sponde, sommesso e lieve il tripudiar de l’onde

Era un presagio dolce e lusinghiero, il Piave mormoro’

Non passa lo straniero

Ma in una notte triste si parlo’ di un fosco evento, e il Piave udiva l’ira e lo sgomento

Ahi, quanta gente ha visto venir giu’ lasciare il tetto

poiche’ il nemico irruppe a Caporetto

Profughi ovunque dai lontani monti, venivano a gremir tutti i suoi ponti

S’udiva allor dalle violate sponde, sommesso e triste il mormorio de l’onde

Come un singhiozzo in quell’autunno nero, il Piave mormoro’

Ritorna lo straniero

E ritorno’ il nemico per l’orgoglio e per la fame

volea sfogare tutte le sue brame,

vedeva il piano aprico di lassu’ voleva ancora

sfamarsi e tripudiare come allora

No disse il Piave no dissero i fanti, mai piu’ il nemico faccia un passo avanti

Si vide il Piave rigonfiar le sponde, e come i fanti combattevan l’onde

Rosso del sangue del nemico altero il Piave comando’

Indietro va’ o straniero

Indietreggio’ il nemico fino a Trieste fino a Trento

e la Vittoria sciolse l’ali al vento.

Fu sacro il patto antico tra le schiere furon visti.

risorgere Oberdan Sauro e Battisti

Infranse alfin l’italico valore, le forche e l’armi dell’Impiccatore

Sicure l’Alpi libere le sponde e tacque il Piave si placaron l’onde

Sul patrio suolo vinti i torvi Imperi la Pace non trovo’

ne’ oppressi ne’ stranieri

IL GIORNALE

Direttrice: Stefania Piazzo
La Nuova Padania, quotidiano online del Nord.
Hosting: Stefania Piazzo

Newsletter

Iscriviti alla nostra Newsletter!

Servizio Precedente

Dopo Montanelli, i figli del politicamente corretto devono imbrattare la Cappella Sistina e Firenze

Prossimo Servizio

Lunedì 15 alle 21 su pagina FB di Terra Insubre: Il Dorje e la spada. La resistenza armata tibetana contro l’invasione cinese

Ultime notizie su Storia e Territorio

TornaSu