Ponti sul Mincio, il piccolo Pantheon padano dove seminano la questione settentrionale, non contaminata da altri interessi. E questa sera arriva Cateno De Luca

8 Luglio 2023
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di Stefania Piazzo – Dopo tre ore di auto nel traffico congestionato delle autostrade padane, dopo tutte le deviazioni satellitari per attraversare un piccolo pezzo di Lombardia e raggiungere Ponti sul Mincio, prendi atto che il Nord, ad oggi, non ha speranze. In una terra sempre più surreale di rete stradale collassata, infartuata, con opere promesse a due anni e mezzo dalle Olimpiadi invernali, anzi, già date come cantierate dal ministero delle Infrastrutture, e senza uno straccio di lavori in vista, arrivi in un piccolo Pantheon della Lega, dolci colline moreniche tra il Garda e il Mincio.

Ed è lì, luogo simbolo di un orgoglio del Nord, di una questione sospesa, che Roberto Castelli con l’associazione Autonomia e Libertà, ha voluto la prima Festa dei Popoli del Nord. Nel grande capannone i manifesti sono murales. Sono diventati arte politica. Ci sono le mobilitazioni storiche diventate un tutt’uno con i muri portanti della struttura che ospita feste, eventi. Fuori, un camion-camper ripropone ancora la cartina geografica di una macroregione reale ma politicamente incompiuta: Cota, Miglio, Maroni, Zaia, Bossi. “Sarà Padania libera indipendente”, sta scritto su un lato del furgone, parcheggiato vicino all’area feste.

Venerdì sera è la volta del dissenso. Roberto Marcato, l’assessore regionale veneto che ha fatto un passo indietro nella lunga corsa alla segreteria veneta, Angelo Ciocca, che del Comitato del Nord bossiano ne ha fatto una bandiera, ora riavvolta ma comunque in opposizione al corso salviniano. E poi c’è Roberto Castelli, elegantemente voce fuori dal coro, a ricordare da dove si arriva e dove ci si è arenati. Ma cosa fare? Cosa fare ora “da grandi”?

Il tavolo propone una Lega del Nord, antitesi della Lega del Sud. C’è la nostalgia di un partito più genuino, più vicino alle ragioni di casa propria, di quel sentimento padano che aveva fatto sperare in una rivoluzione roca ma democratica. Un partito non contaminato da altri interessi.

“Non sopportavo come veniva trattato il Nord – esordisce Marcato – non tolleravo come veniva raccontato il Veneto. Per questo nel ’92 ho iniziato a fare politica con la Lega”.

“Quella Lega ha ridato un orgoglio, ma oggi… non possiamo assomigliare a qualcun altro. Se dobbiamo essere ancora la Lega, allora dobbiamo essere una cosa diversa da quello che siamo oggi. Siamo diventati un po’ troppo democristiani”.

“Ero a Jesolo, domenica scorsa. Ho pagato una piadina in spiaggia 12 euro. Questo modello di società non mi piace, divide la società sempre più in ricchi e poveri. In chi può e non può più. Eppure la Lega era un tempo interprete della classe popolare, operaia, delle piccole imprese. Oggi chi interpreta? Il Nord? Se questo partito rinuncia alla sua identità, è un partito morto”.

“L’autonomia è l’ultima fermata per il Nord – rincalza l’europarlamentare record di preferenze, Angelo Ciocca – E’ lo strumento per garantire giustizia sociale alla nostra gente, redistribuire risorse e trovare le risposte che cercano le persone perbene della Padania. Ma – spiega – ad una parte del Paese questa velocità dà fastidio. L’errore è stato, 6 anni fa, quando la Lega aveva detto “diventiamo partito nazionale per prendere i voti e avere la forza per fare l’autonomia”. Il fine doveva giustificare i mezzi. Doveva… invece i mezzi hanno preso il sopravvento”.

Obiettivo è “riposizionare il partito come sindacato del Nord, non come partito con azionariato a trazione sudista. L’azionariato nordista deve tornare ad avere voce e ruolo per dare giustizia a questa terra”.

L’incontro, iniziato con il Va’ pensiero cantato dalla soprano, Nadia Casati, termina con i ringraziamenti di Roberto Castelli. Questa sera, altro giro. Frizzante. Arriva Cateno De Luca, fondatore di Sud chiama Nord. E’ più facile trovare dialogo con la Sicilia che con via Bellerio? Per ora. Da qui alle europee, le strade della Padania sono ad un bivio. Riconfluire in un percorso comune o salutarsi.

Al momento, per tornare alla base, da Ponti sul Mincio verso casa, tra uscite chiuse in autostrada, e ponti in rifacimento sulla Milano-Meda, quattro deviazioni e più due ore per 160 chilometri. Vista dalla strada, la Padania è ferma, lenta, invecchiata.

IL GIORNALE

Direttrice: Stefania Piazzo
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