di STEFANIA PIAZZO -Ricordate quando l’allora grillino Alessandro Di Battista quando per raffreddare la smania di grandezza e popolarità di Matteo Salvini affermò che il segretario leghista non sarebbe mai stato un Adenauer? Di certo la sua visione di Europa non è conforme a quella delle origini.
Facendo anche una premessa: ma ai polacchi, agli ungheresi e compagnia cantante, piacerebbe portarsi dietro nella loro nuova visione di Europa dei popoli, anche l’Italia del Sud? Perché Reggio Calabria non è Varsavia, Budapest non è il Casertano con le truffe al reddito di cittadinanza. Ma questa è una questione che al massimo se la deve vedere Salvini.
Tornando alla battuta di Di Battista, è vero, di leader carismatici di quella portata in giro non ce ne sono e questo è il dramma. Carisma legato a competenza e forza morale.
Oggi il carisma della competenza, questo boccino del saper fare, lo ha in mano Mario Draghi.
Salvini è stato un fenomeno della comunicazione, con l’aiutino di Luca Morisi, ma quota 100 non è stata l’abrogazione della Fornero, il reddito di cittadinanza ha reso meno poveri i truffatori e dell’autonomia non frega nulla a nessuno tra i partiti. Forza Italia non rappresenta più il ceto medio. E il Nord ha votato per un partito, la Lega, che chiude la campagna elettorale in Calabria.
Anche il Nord ha smesso di dare peso e credito a parole e concetti come federalismo, autonomia, figuriamoci indipendenza. Sono concetti legati a processi storici del Paese. Oggi il consenso è legato a concetti più emotivi, a parabole passeggere, a dialettiche molto più veloci. Declinare la politica verso tasse, imprese ed Europa, per dare una fisionomia macroregionale e non nostalgica, ad una azione politica con il Nord archetipo di un modello, dovrebbe essere l’alternativa, ma servono le risorse umane. Ci saranno nella politica e nei partiti che avanzano?
Sta di fatto che l’arrendevolezza, della rassegnazione lombarda e veneta, dei politici ma anche della maggioranza degli elettori, davanti al sotto vuoto dell’autonomia negata, è frutto anche della storia. Poteva esserci un destino diverso, ad esempio, per i lombardi. Di sicuro, due sono i passaggi storici che hanno irrimediabilmente cambiato il corso delle acque. E che non porteranno mai questa terra ad avere degli eredi di Adenauer. E sono la battaglia di Pavia e quella di Marignano.
La battaglia di Pavia, il 24 febbraio 1525 segnò per l’Europa un passaggio epocale. Si scontrarono l’esercito francese di Francesco I e l’armata imperiale, costituita principalmente da fanteria spagnola e lanzichenecchi tedeschi, mercenari, di Carlo V era guidata sul campo da Fernando Francesco d’Avalos e Carlo di Borbone.
Scrivono i libri di storia che Pavia era sotto assedio dall’ottobre 1524 ad opera dei francesi di Francesco I. “Le truppe si accampano a est e a nord, all’interno del grande Parco Visconteo, delimitato da possenti mura. Ed è proprio all’interno del Parco che dopo quasi quattro mesi di assedio tra imperiali e francesi, scoppiò la battaglia, breve, ma decisiva per le sorti italiane ed europee. Decisiva fu la strategia di nascondere 1.500 archibugieri spagnoli in un bosco, che aprirono il fuoco sul fianco destro della cavalleria pesante francese con effetti devastanti”.
Francesco I venne deportato in Spagna. E La Spagna si prese Milano. Ma prima cosa accadde?
“La battaglia di Marignano (oggi Melagnano), combattuta il 13 e 14 settembre 1515, vede opposte truppe del re di Francia Francesco I ai Confederati, che difendono il Milanese. Il duca di Milano Massimiliano Sforza, loro protettore, è alleato al papa Leone X e all’imperatore Massimiliano I d’Austria.
Una parte dei capitani (principalmente quelli di Berna, Soletta e Friburgo) accetta di negoziare e l’8 settembre firma con Francesco I il trattato di Gallarate, che prevede la fine delle ostilità e il versamento di un milione di corone ai confederati. Questa decisione non è accettata però da tutti, in particolare dai rappresentanti di Uri, Svitto e Glarona.
Il 13 settembre, i soldati svizzeri marciano su Marignano, senza successo però. Il 14 settembre, l’artiglieria francese fa una carneficina nei Quadrati svizzeri, ripartiti all’assalto. Dopo un arretramento, i confederati si lanciano nuovamente all’attacco che avrebbe potuto rivelarsi vittorioso se quella mattina non fossero sopraggiunti 12’000 uomini della Repubblica di Venezia.
Fonte: Dizionario storico della Svizzera
Milano avrebbe potuto essere svizzera…. Ma la Francia ottenne dalla Confederazione l’abbandono delle sue pretese di esercitare un protettorato sul ducato milanese.
E così, francesi prima, lanzichenecchi e spagnoli poi, hanno scritto il nostro destino. Di perdenti.