di Raffaele Piccoli – La Supermedia sulle intenzioni di voto, pubblicata con cadenza settimanale, assegna alla Lega di Salvini una percentuale ormai vicina all’ 8% in calo anche rispetto alle elezioni del 2022. I numeri dimostrano in maniera inequivocabile il fallimento di un progetto nato sbagliato.
Da questi dati risulta evidente come l’elettorato autonomista abbia da tempo abbandonato la Lega, rifugiandosi nell’astensione, per mancanza di alternative.
La politica non è stata in grado di colmare questo vuoto. Non ha saputo cioè creare un soggetto politico capace di soddisfare le legittime aspirazioni di una vastissima fascia di elettorato ex leghista, ad oggi difficile da quantificare ma sicuramente numeroso. Al riguardo risulta interessante un recente sondaggio sull’autonomia differenziata, dal quale emerge che ben il 68% degli intervistati al nord risulta favorevole all’introduzione del nuovo assetto regionale.
Questi dati, oltremodo interessanti, meritano più di una riflessione.
Viene infatti da chiedersi: quanta forza saprebbe esprimere oggi questo elettorato orfano, se venisse consultato con l’obiettivo di esprimersi circa la creazione della Macroregione Padana. Quel 68% sarebbe la base di partenza, ma i risultati potrebbero essere superiori.
A questo punto viene da chiedersi, perchè questo elettorato deve restare silente? Perchè non dargli l’opportunità di esprimere in maniera compiuta la propria scelta, dopo essersi espresso nel 2017 con i referendum in Veneto e Lombardia?
E da ultimo per quale motivo dopo alcuni tentativi falliti, è assente ancora oggi un soggetto politico in grado di raccogliere sia le istanze sia il consenso che salgono da questa prateria.
Per rispondere a questa domanda, è necessario affrontare due questioni.
In primo luogo il problema della frammentazione. L’autonomismo padano è oggi composto da gruppi più o meno numerosi spesso divisi tra loro con poco dialogo e collaborazione, Veneti da un lato Lombardi dall’altro. Inoltre tutto il mondo dei fuoriusciti dalla Lega non è ancora riuscito ad esprimere sia una leadership credibile sia la definizione di una organizzazione interna e di una strategia di collegamento politico e organizzativo con il resto del mondo autonomista. Risulta di tutta evidenza, che questo non può che far piacere agli avversari.
Qui però irrompe la seconda questione. Questo nuovo soggetto se mai nascesse cosa dovrà fare, quali priorità dovrà darsi, e quale linea politica costruire?
Su questo aspetto non vedo particolari difficoltà a definire una linea praticabile. La macroregione padana.
Anche su questo non intravedo difficoltà insuperabili. La nuova alleanza autonomista dovrebbe partecipare unicamente a elezioni del territorio, solo Comuni e Regioni, trascurando del tutto candidature per il Parlamento Nazionale. La conquista di tutte le regioni Padane (Emilia compresa) è un obiettivo raggiungibile e molto più produttivo ed efficace che non le decine di seggi a Roma. Il precedente della fu Lega Nord è illuminante.
Già oggi Lega e Forza Italia detengono tutte le Regioni Padane ad esclusione dell’Emilia-Romagna. L’ eventuale assenza di un movimento autonomista lascerebbe giocoforza a Fratelli d’Italia ampio margine di conquista, come già avvenuto con le politiche.
I governatori Padani dovrebbero coordinarsi maggiormente, (ma oggi non avviene) parlando con una sola voce e sfidando Parlamento e Governo sui problemi del Nord, consci della forza che loro deriva dalla rappresentanza delle aree più forti e importanti del Paese. Mentre domani tutto questo sarebbe la regola. Una regola solo propedeutica all’attuazione dell’art. 132 della Costituzione che prevede appunto la fusione tra Regioni.
Queste brevi righe non hanno di certo la pretesa di dettare una linea politica, non spetta a me.
Ritengo però che sia doveroso da parte di tutti concorrere a stimolare la ricerca di una soluzione qualsiasi che porti allo sblocco rapido di uno stallo non più accettabile. Lo dobbiamo ai Popoli Padano Alpini, alla nostra terra e a noi stessi.