Le accuse della procura. Se si va a processo, in Tribunale le istituzioni del Paese. Le repliche

2 Marzo 2023
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Ritardi, omissioni, errori, bugie. Vista dalla Procura di Bergamo appare un’Italia fragile e senza scudi quella che provo’ a fermare il drago feroce che inghiotti’ migliaia di uomini e donne nella provincia piu’ aggredita dal Covid. Le ipotesi di reato piu’ gravi, omicidio ed epidemia, sono a titolo colposo. Difficili da provare nel contesto di un’emergenza sanitaria, come gia’ dimostrato da altre indagini archiviate, ma ritenute dai magistrati diretti da Antonio Chiappani le sole in grado di definire la posizione giudiziaria di chi guidava il Paese e la Lombardia nella primavera dei fiori sulle tombe del 2020. Ecco che allora le 35 pagine, approdo di un’inchiesta durata tre anni, restituiscono affermazioni come quella che accusa l’ex premier Giuseppe Conte e il ministro Roberto Speranza di aver “cagionato per colpa” la morte di una cinquantina di persone. Con l’attuale leader dei 5 Stelle che “nelle riunioni del 29 febbraio e 1 marzo 2020, con i componenti del Cts”, si sarebbe “limitato a proporre misure meramente integrative senza prospettare di estendere la zona rossa ai comuni della Val Seriana nonostante l’ulteriore incremento del contagio in Lombardia” e “l’accertamento delle condizioni che corrispondevano allo scenario piu’ catastrofico”. E un passaggio che ritrae il presidente Attilio Fontana come incapace di aver protetto i suoi cittadini perche’ in due mail del 27 e 28 febbraio 2020 “chiese il mantenimento delle misure vigenti non segnalando le criticita’ relative alla diffusione del contagio in Val Seriana, inclusi Nembro e Alzano Lombardo” nonostante l’indicatore R0 segnalasse che ogni infetto ne contagiava altri due.

 Per la Procura, D’Amario, Brusaferro e il capo della Protezione Civile, Angelo Borrelli, insieme al direttore generale della sanita’ lombarda Luigi Cajazza e a Gallera “rifiutavano di attuare le prescrizioni del Piano per una pandemia influenzale”. Ma tanti altri argini si sarebbero potuti levare, secondo i pm. Dalla verifica della dotazione di guanti, mascherine e tutto quello che avrebbe potuto proteggere, al mancato censimento dei posti letto negli ospedali e dei ventilatori polomonari, ai piani di esercitazione dei sanitari mai fatti, ai deficitari protocolli di sorveglianza sui viaggiatori che arrivavano in Italia facendo degli scali. Infine, l’indagine torna al punto zero dove venne registrato il primo caso di Covid nella provincia. Era il 23 febbraio, il ‘Pesenti Fenaroli’ venne riaperto poche ore dopo. A Giuseppe Marzulli, dirigente medico e Francesco Locati e Roberto Cosentina, entrambi dell’ ASST Bergamo est, vengono contestati i reati di epidemia e omicidio colposo perche’, tra le altre cose, non fornirono dispositivi di protezione provocando “un incremento non inferiore al contagio di 35 operatori sanitari”. Locati e’ indagato anche per falso perche’ scrisse che “erano stati fatti tamponi a tutti i sanitari” sin dal 23 febbraio; stessa ipotesi per Massimo Giupponi che, in qualita’ di direttore generale dell’Ats di Bergamo, avrebbe certificato che erano state create “aree di isolamento per i pazienti che accedevano al pronto soccorso con sintomi sospetti”. I pazienti sarebbero invece rimasti per “diversi giorni” in attesa. Come scritto nella nota dal procuratore Chiappani, l’atto di chiusura delle indagini “non e’ un atto d’accusa” ma “una ricostruzione dei fatti” che lascia comunque aperte ampie posssibilita’ di difesa per gli indagati visti anche i precedenti sulla pandemia in altri tribunali. Le posizioni di Conte e Speranza saranno di competenza del Tribunale dei Ministri di Brescia. Nei prossimi mesi un giudice per l’udienza preliminare valutera’ se queste ipotesi di reato devono essere sviscerate in un processo che, a quel punto, diventerebbe il processo alle istituzioni del Paese e della Lombardia in uno dei momenti piu’ terribili. 

 Per la Procura, D’Amario, Brusaferro e il capo della Protezione Civile, Angelo Borrelli, insieme al direttore generale della sanita’ lombarda Luigi Cajazza e a Gallera “rifiutavano di attuare le prescrizioni del Piano per una pandemia influenzale”. Ma tanti altri argini si sarebbero potuti levare, secondo i pm. Dalla verifica della dotazione di guanti, mascherine e tutto quello che avrebbe potuto proteggere, al mancato censimento dei posti letto negli ospedali e dei ventilatori polmonari, ai piani di esercitazione dei sanitari mai fatti, ai deficitari protocolli di sorveglianza sui viaggiatori che arrivavano in Italia facendo degli scali.

Infine, l’indagine torna al punto zero dove venne registrato il primo caso di Covid nella provincia. Era il 23 febbraio, il ‘Pesenti Fenaroli’ venne riaperto poche ore dopo. A Giuseppe Marzulli, dirigente medico e Francesco Locati e Roberto Cosentina, entrambi dell’ ASST Bergamo est, vengono contestati i reati di epidemia e omicidio colposo perche’, tra le altre cose, non fornirono dispositivi di protezione provocando “un incremento non inferiore al contagio di 35 operatori sanitari”. Locati e’ indagato anche per falso perche’ scrisse che “erano stati fatti tamponi a tutti i sanitari” sin dal 23 febbraio; stessa ipotesi per Massimo Giupponi che, in qualita’ di direttore generale dell’Ats di Bergamo, avrebbe certificato che erano state create “aree di isolamento per i pazienti che accedevano al pronto soccorso con sintomi sospetti”.

I pazienti sarebbero invece rimasti per “diversi giorni” in attesa. Come scritto nella nota dal procuratore Chiappani, l’atto di chiusura delle indagini “non e’ un atto d’accusa” ma “una ricostruzione dei fatti” che lascia comunque aperte ampie possibilita’ di difesa per gli indagati visti anche i precedenti sulla pandemia in altri tribunali. Le posizioni di Conte e Speranza saranno di competenza del Tribunale dei Ministri di Brescia. Nei prossimi mesi un giudice per l’udienza preliminare valutera’ se queste ipotesi di reato devono essere sviscerate in un processo che, a quel punto, diventerebbe il processo alle istituzioni del Paese e della Lombardia in uno dei momenti piu’ terribili.

 Il Direttore generale e il Direttore sanitario dell’Asst Bergamo est, Francesco Locati e Roberto Cosentina, mentirono all’assessore alla Sanità lombardo, Giulio Gallera e al dg Welfare, Luigi Cajazzo, sulla situazione dentro l’ospedale di Alzano Lombardo nel febbraio 2020. È quanto afferma la Procura di Bergamo nella chiusura delle indagini.

Secondo gli inquirenti sono tutte “circostanze rivelatesi false” quelle che “non appena avuto il sospetto e la successiva certezza della positività al tampone sono state immediatamente adottate le misure previste”, nonostante il Pronto Soccorso fosse stato solo parzialmente sanificato, che dalle prime due segnalazioni di casi Covid “a tutti i pazienti con sintomatologia respiratoria e anche a tutti i pazienti ricoverati indipendentemente dalla sintomatologia […] agli operatori sono stati fatti tamponi partendo dai contatti stretti sintomatici, poi a tutti i contatti stretti anche asintomatici e infine a tutto il personale presente” erano stati fatti i tamponi. E infine “non è rispondente al vero” che nella breve chiusura del 23 febbraio dell’ospedale si fosse “provveduto alla sanificazione degli ambienti con l’adozione di tutte le misure previste dal protocollo vigente specifico per pulizia e sanificazione Covid-19”.

LE REPLICHE

“Io non so sulla base di quali valutazioni il senatore Crisanti abbia tratto le conclusioni che hanno portato a questa incriminazione. Ricordo solo due piccole considerazioni: la prima è che quando si tratta di una emergenza pandemica la competenza è esclusiva dello Stato secondo la Costituzione, non secondo me. Due, che la stessa ministra Lamorgese aveva mandato una direttiva dicendo ‘guai a voi se volete sovrapporvi con iniziative relative alle chiusure delle cosiddette zone rosse perché questa è una competenza esclusiva dello Stato”. Così il presidente della regione Lombardia, Attilio Fontana, ai microfoni di ‘Radio anch’io’ su Radio1 Rai, parlando della chiusura, da parte della procura di Bergamo, dell’indagine sulla mancata ‘zona rossa’ all’inizio della pandemia del Covid, a marzo 2020, nelle zone di Alzano e Nembro, che oltre al governatore lombardo, vede tra gli indagati l’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte, l’ex ministro della Salute Roberto Speranza e l’ex assessore al Welfare della regione Lombardia, Giulio Gallera. Anche “il ministro Boccia disse una frase famosa -sottolinea Fontana-: in questi casi non ‘interviene’ lo Stato; lo Stato ‘comanda’. E io -conclude- non potevo fare altro”.

A seguito di alcune dichiarazioni del procuratore di Bergamo Antonio Chiappani, che coordina l’inchiesta appena chiusa sul Covid, “il primo commento che viene alla mente” è che “ancora una volta esse manifestano la vocazione dei magistrati alla supplenza nei diversi campi del vivere civile”. Lo spiega in un testo di “riflessioni”, come le chiama, l’avvocato Jacopo Pensa, legale del presidente della Lombardia Attilio Fontana, tra i 19 indagati. Il legale chiarisce che Chiappani, in un collegamento con una trasmissione, oggi ha affermato che dal procedimento si potrà ricavare una “esperienza non solo di carattere giudiziario, ma anche scientifico e amministrativo”.

E Pensa la vede così: “Non solo, dunque, la più volte contestata e denunciata supplenza politica, alla quale siamo da tempo quasi assuefatti; ora si aggiunge, secondo il Procuratore di Bergamo, la supplenza ‘filosofica’, con quell’invito alla riflessione, e quella ‘scientifica’ legata, immaginiamo, alla relazione finale del Professore e Senatore Crisanti”.

Fin “dai banchi dell’università”, prosegue l’avvocato, “ci hanno insegnato che il ruolo della magistratura è quello di accertare la commissione dei reati e di giudicare le condotte degli uomini”. Non è quello di “farci riflettere sui fenomeni e sugli eventi che accadono nel mondo, né è quello di collaborare con la scienza offrendole un contributo qualificato”. Quelle dichiarazioni, spiega ancora Pensa, svelano “ancora una volta quella tendenza all’ingerenza in mondi altrui che continua ad essere un punto debole della magistratura”.

Ci sono “materie sensibili sulle quali può aprirsi un costruttivo dibattito”, aggiunge ancora il legale, ma “il compito primario è sempre e solo quello dell’accertamento dei reati”. Nel procedimento appena chiuso, si legge ancora nel testo, “vi è la tragedia dei morti, dei troppi morti che non possono non suscitare dolore e rispetto”. Un “solo morto non vale meno dei 4148 ‘calcolati’ dagli inquirenti”. Tuttavia, una “giustizia giusta e terza”, continua il difensore, “non può essere guidata dai dati numerici, dai dati statistici e dalla commozione generale”. Soprattutto, conclude, “non può sostituirsi a quelle forze inarrestabili (della natura? del male?) che in ogni epoca storica hanno ricordato all’uomo che ‘un pover uom tu sé'”. Citazione di ‘Davanti San Guido’ di Giosuè Carducci. 

“Non è nei poteri del Presidente dell’Istituto adottare piani pandemici o dar seguito alla loro esecuzione. La linea seguita dall’Istituto, su indicazione del suo Presidente, durante tutto il periodo della pandemia e sin dagli inizi, è stata improntata alla massima precauzione e al massimo rigore scientifico e la cautela è stata la cifra che ha caratterizzato gli indirizzi dell’Istituto in tutte le fasi della pandemia”. E’ la precisazione dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss) su quanto riportato da alcuni organi di stampa secondo cui il Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità Silvio Brusaferro avrebbe impedito l’adozione del piano pandemico. “Si aggiunge, inoltre, – prosegue la nota – che al Presidente, al momento attuale, non è stato notificato alcun atto relativo all’inchiesta”. 

“Non ho ancora ricevuto alcun atto ufficiale. Ma sono sereno e garantirò, come ho sempre fatto, la massima collaborazione alla Magistratura”. Lo afferma Giulio GALLERA, già assessore al Welfare della Regione Lombardia, in relazione alle notizie di natura giudiziaria legate all’emergenza Covid, diffuse nella serata di ieri da alcuni organi d’informazione. “Abbiamo affrontato il Covid a mani nude – spiega GALLERA – e, sulla base delle pochissime informazioni delle quali potevamo disporre, abbiamo messo in campo le decisioni più opportune per affrontare l’emergenza. Ho sempre garantito ogni forma di collaborazione con la Procura di Bergamo come persona informata sui fatti, e continuerò a farlo. Come afferma la stessa Procura, l’avviso della conclusione delle indagini preliminari non è un atto di accusa bensì un’atto di garanzia per l’indagato, che viene messo a conoscenza degli atti di indagine e posto nelle condizioni di esercitare la propria difesa chiedendo l’archiviazione”. 

“No, assolutamente no. Credo che sia sotto gli occhi di tutti ciò che è avvenuto in Lombardia e il presidente Fontana, come ha detto, è assolutamente sereno per sull’operato della sua giunta”. Così ha risposto la coordinatrice regionale di Fratelli d’Italia, Daniela Santanché, alla domanda se – con l’inchiesta della procura di Bergamo sulla gestione delle prime fasi dell’emergenza Covid – che vede tra gli indagati anche il governatore lombardo Attilio Fontana e l’ex assessore al Welfare Giulio Gallera – la nuova legislatura parte in salita. Santanché ha parlato al termine della riunione del centrodestra sulla nuova giunta lombarda, che si è tenuta a Roma.

 “Siamo stati all’opposizione di Giuseppe Conte e Roberto Speranza in modo molto netto e determinato, ma riteniamo che indagarli per ‘epidemia colposa’, così come per Attilio Fontana e Giulio Gallera, sia surreale, per non dire ridicolo. Ma davvero qualcuno pensa che si sarebbe potuto fermare un virus, che – è bene ricordarlo- allora era sconosciuto, nessuno sapeva cosa fare, e poi ha colpito tutto il mondo generando una gravissima pandemia?”. Lo afferma il capo politico di Noi Moderati, Maurizio Lupi. 

 “Non si scrive né si giudica così la storia più dolorosa degli ultimi 70 anni. Spero almeno che tutto questo sia di lezione a coloro che del giustizialismo, del moralismo ‘un tanto al chilo’ hanno fatto il piatto forte della propria attività politica. Piena vicinanza a Conte, Fontana, Speranza e agli altri soggetti coinvolti nell’inchiesta, con cui ho condiviso quell’epoca buia e dolorosa e di cui ho sempre riconosciuto l’impegno e il rigore nell’affrontare il Covid, quando ero d’accordo e quando la pensavo diversamente”. Lo afferma in una nota il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti, commentando l’inchiesta della procura di Bergamo sulla gestione dell’emergenza Covid. 

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