Castelli: “Io sono padano, questione Nord va risolta. Sostegno a via dei governatori. Autonomia unica strada possibile”

5 Ottobre 2020
Lettura 8 min

di Stefania Piazzo – Non è nata dal nulla la serata culturale e politica dell’associazione La Fara che a Biassono, Comune in cui in campagna elettorale sono riapparsi romanticamente come in altri Comuni del circondario i manifesti “Padania Libera”. Il convegno ha portato nel fine settimana al tavolo come relatori lo storico Roberto Gremmo e uomini del calibro di Andrea Giovanardi, il docente di diritto tributario che tratta, per conto niente meno che del supergovernatore Luca Zaia, sul tavolo delle autonomie a Roma, assieme a Roberto Castelli, presidente di Pedemontana ma icona storica, autorevole, e politica di una Lega, quella delle origini, che non ha mai accantonato quell’idea, l’idea di Padania, di autonomia, di libertà fiscale, di emancipazione di un Nord affrancato e smarcato rispetto a Roma e al suo centralismo.

L’esatto opposto di un esasperato sovranismo e antieuropeismo da portare come bandiera. Iceberg mai citati da Castelli nel corso del dibattito. Non una polemica, una ricerca di scontro. Semmai il dire: ci siamo ancora anche noi, noi padani. Non da intendere come la forza di una corrente, ma una prudente voce critica che prova ad alzare la testa e dare voce ad una identità che spinge per riemergere e trovare spazio. Quella Lega, insomma, dice Castelli, non è morta. Non finisce. Perché l’autonomia non ce l’ha ancora in mano.

Il dato politico della serata infatti è questo. Alle domande del nostro quotidiano a Castelli su come fare a riaffermare la questione settentrionale in un panorama politico distratto rispetto alle ragioni del Nord, l’ex ministro ha spiegato e confermato a noi e alla platea:

Questa serata non nasce dal nulla, sono un po’ di mesi che ci riuniamo, tra amici, per parlarne, e ora la forza delle Regioni che rivendicano l’autonomia ci dà una forza enorme. L’autonomia, oggi è questo il percorso da fare.

Roberto Castelli durante l’intervento del prof. Andrea Giovanardi


C’è infatti un punto sul quale i commentatori politici non si sono soffermati. Oggi il centrodestra, la Lega – e noi ne facciamo ancora parte e questo vuol dire che l’afflato autonomista, federalista nella Lega c’è ancora – con il Veneto, la Lombardia, la Val d’Aosta, il Friuli, la Liguria, il Trentino… è al governo di una regione che fa il 50% del Pil italiano.
In qualunque altro paese questo avrebbe una forza dirompente”.

Come dire, che sarebbe imbarazzante non usare questa arma costituzionale, quella dell’autonomia, che Castelli ribadisce essere oggi la sola percorribile per garantire maggiori libertà al Nord, comprendendo anche chi, “come il governatore dell’Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, ci crede”.

Quindi, ci spiega Castelli, “Da questa serata possono scaturire due decisioni: una che dice “è stato bello ritrovarci”, un’altra che dice che questo è un punto di partenza”. Ed ecco che Castelli fa la sintesi per i presenti e per chi, dentro la Lega, aspetta di sentire altra musica. Davanti alla nostra domanda sul che fare, Castelli risponde a noi e alla platea:

LA VIA DEI GOVERNATORI

Occorre appoggiare l’azione in toto di autonomia differenziata e sollecitare questo gruppo di governatori con una forza politica ed economica potentissima per far sì che l’autonomia arrivi in fretta e la Padania abbia il peso che merita”.

Insomma, a differenza di altre voci fuori dal coro, nessuna polemica, nessuna ricerca di contrapposizione rispetto alla segreteria di Matteo Salvini, mai citato in tutta la serata del convegno nel nuovissimo palazzetto dello sport al cui ingresso, sulla soglia, si calpesta un sole delle alpi di pietre verdi sgargianti. Mentre a Catania si parlava di altro, a Biassono si metteva a fuoco un’identità per molti dentro la Lega mai sbiadita e superata. Ma è il “come” essere uomini d’azione di libertà per il Nord ad essere il centro del dibattito.

Lo fa capire da subito l’ex ministro della Giustizia, che padroneggia i termini Padania e padani come non mai, con il pragmatismo di 30 anni di politica alle spalle e la ricerca di una via d’uscita dallo stallo in cui vive il Nord. Ecco alcuni passaggi del suo lungo intervento.

Roberto Gremmo, storico e giornalista

SIAMO PADANI

Castelli infatti esordisce così. “Sono più di 30 anni che combatto questa battaglia, l’ho vista tutta. Proprio per questo devo partire dalla Padania. Qua anche se siete sotto le mascherine vi riconosco in molti, e so che qui siamo tutti padani, la gran parte di noi sono padani.

ESISTE LA PADANIA?


Partiamo da qui: esiste la Padania? Non è una domanda peregrina, perché nel 1996 quando abbiamo lanciato il periodo secessionista, in Senato per ordine del presidente, era proibito citare la parola Padania. Noi siamo in uno Stato democratico, se in un discorso dicevi “Padania”, ti toglievano la parola.
Mancino aveva dato questa disposizione. Se andate a vedere i resoconti stenografici di quel periodo, la parola Padania non c’è.
Qui ci viene in soccorso un dato interessante perché un ente al di sopra delle parti come la Fondazione Agnelli nel 1992 pubblica un bellissimo studio “La Padania una Regione italiana in Europa”.
Allora esiste la Padania, allora esistono i padani!”

CHE DIO CONSERVI A LUNGO UMBERTO BOSSI. CON LUI PARLO SPESSO


Poi il pensiero al padre fondatore, e la conferma di una vicinanza umana e politica. “Io vorrei tornare col pensiero a Umberto Bossi che credo sia comunque sempre nei nostri cuori. Da quel vecchio leone che è, con tutti i guai di salute che ha, tiene duro. Ha compiuto 79 anni e che Dio ce lo conservi ancora a lungo. Perché

BOSSI NON PENSAVA SOLO A PRENDERE VOTI

Voti sì, ma per qual progetto? Castelli lo ricorda bene. “Quale è stato, se ci pensiamo, il grande progetto di Bossi? Quello di andare in Parlamento a prendere più voti possibili? Certo, anche quello perché senza parlamentari non fai nulla in democrazia. In democrazia contano i numeri. Quello di portare qualche vantaggio in più alle nostre terre? Anche quello, perché evidentemente la politica si occupa di questo. Ma Bossi fece in realtà una cosa che credo non sia stata fatta prima. Bossi ha cercato di costruire una coscienza di popolo cercando di costruire l’anima di una nazione. Ha cercato di costruire i padani e la Padania. Questo è stato il grande progetto di Umberto Bossi”.

Oggi possiamo tentare di tirare un bilancio dopo 30 anni. Cosa resta oggi di questo grande progetto di cui io ho avuto l’onore di far parte si dai primi momenti? La mia tessera è lì, incorniciata in casa, è del 1987…”

CHI E’ L’ERETICO DEI MANIFESTI “PADANIA LIBERA”?

“Potremmo parafrasare la famosa frase di Massimo D’Azeglio, nel nostro caso siamo riusciti a fare i padani ma la Padania non è ancora arrivata. Questo è, direi, il punto cruciale.
E allora cosa dobbiamo fare? Come possiamo andare avanti?
E’ chiaro che noi vogliamo arrivare lì. Noi siamo in un Comune, Biassono, dove in maniera molto romantica, negli ultimi giorni delle elezioni, sono apparsi i manifesti “Padania Libera”. Chi è l’eversore, chi è l’eretico che in questo momento ha preso l’iniziativa? Non lo sappiamo, ma c’è qualcuno che tiene viva questa fiammella”.

NON BASTA SVENTOLARE BANDIERE DELLA PADANIA

Castelli tira le somme. “E allora cosa dobbiamo fare, chi parla ancora di Padania? Qui, noi, ci prenderanno per nostalgici. Ormai nei grandi partiti occorre essere tutti irregimentati. Noi vogliamo testimoniare che questa idea ancora vive nei nostri cuori, noi siamo padani e credo che moriremo padani.

QUESTIONE DEL NORD DA RIPETERE SEMPRE

La serata si avvia alla conclusione. E Castelli fa la sintesi. “Cerco di tirare qualche conclusione politica.
Cosa dobbiamo fare? Sventoliamo il bandierone della Padania? Bellissimo, romantico, eccezionale ma visto il momento storico non andiamo troppo lontano.
Il punto è evocare continuamente, sempre, che esiste una questione settentrionale! Dobbiamo dirci che la questione settentrionale non l’abbiamo risolta.

QUANDO IL CENTRODESTRA MISE A TACERE LA SCOPERTA DEL RESIDUO FISCALE

Non se ne sente parlare dalle parti della Lega, del residuo fiscale. Ma Castelli lo tira in ballo.
“Il punto più decifrabile della questione settentrionale è il residuo fiscale.
Vi racconto un episodio inedito. Se ci fate caso fino alla fine degli anni ’90 del residuo fiscale non ne parlava nessuno. Come nasce? Nasce perché allora in via Bellerio avevamo una segreteria politica che funzionava e nella segreteria politica della Lega un gruppo di persone aveva fatto un lavoro molto accurato. Avevano messo assieme tutti i dati della pubblica amministrazione, e sorpresa delle sorprese, vengono da me, che allora ero il responsabile delle trattative che allora si svolgevano nella cosiddetta “Officina”, con i dati del residuo fiscale. Officina era il luogo in cui preparavamo il programma elettorale per le elezioni del 2001, dove ci confrontavamo con gli alleati e mettevamo sul tavolo i problemi. Allora il residuo fiscale era di 50mila miliardi di lire. E mi dico: questa è una bomba atomica.

Non possiamo ignorarla. A quel tavolo c’erano Tremonti, La Russa, Tabacci… Tirai fuori il dato… e successe il finimondo. Tabacci gridava “questi dati se li pubblichiamo succede la rivoluzione”. La Russa diceva che avrebbe fatto saltare l’alleanza… Alla fine si decise che la questione doveva essere accantonata e affrontata nella famosa Devolution.

Da allora si inizia a dibattere, e si dibatte oggi, ma al contrario. Il presidente dello Svimez oggi afferma che il Nord toglierebbe al Sud 60 miliardi! E la fonte sarebbe il ministro Boccia. “Lo ha detto Boccia”. Sta scritto su Il Messaggero.

DAL 2000 AD OGGI ABBIAMO PERSO 2000 MILIARDI

Da buon ingegnere, Castelli fa due numeri. “C’è un libro di Luca Ricolfi, sociologo di sinistra, che invece nel suo libro Il sacco del Nord, dice il contrario. Ragazzi, il sacco del Nord….: pesante, o no? Arriva a dire che il dato esatto è intorno ai 44 miliardi l’anno di residuo fiscale, l’Istituto Bruno Leoni, parla di 76 miliardi di recente.
Che cosa vuol dire questa cifra? Ora ci massacrano con i 209 miliardi di Recovery Fund, ma se facciamo il conto sui 50 miliardi di residuo fiscale, vuol dire che dagli anni 2000 in poi noi abbiamo perso 1000 miliardi.
Pensate cosa avremmo potuto fare…

Io da presidente della presidente della Pedemontana sto diventando matto per riuscire a fare l’autostrada senza chiedere una lira allo Stato. Ce li dà la Regione, ma soprattutto ce li darete voi pagando il pedaggio.
Io mi arrabbio come una bestia quando sento che c’è chi vuole l’autostrada gratis… Noi siamo nell’ottica che i servizi vanno pagati, altrove ancora no. Capite?

CHE FARE?

Che fare? “Che fare è anche un libro di Lenin. Ho imparato che prima di domandarsi cosa fare, si fa una analisi della situazione. Esiste la questione settentrionale, esistono i padani, esiste Roma che ci tiene sotto scacco. Dobbiamo dare una risposta politica, e abbiamo davanti alcune strade.
Una di carattere identitario, culturale, intrapresa dalla Catalogna che ha una sua lingua ufficiale, ha un agglomerato culturale molto forte ma che noi non abbiamo.
Se ci limitiamo a sventolare una bandiera quanti voti prendiamo? Non è questa la via.
Se torniamo alla battaglia secessionista fatta dal 96 al 2001, succede poco… Noi andammo incontro ad una grave crisi di identità, ricordo quegli anni ero capogruppo in Senato… Mi scappava un senatore al giorno.
Anche oggi la bandiera secessionista non è praticabile, non dà un futuro”.

AUTONOMIA, LA VIA PIU’ “BREVE”, LO DICE LA COSTITUZIONE

E un paese confederato? “Il federalismo tipo americano o britannico è praticabile in Italia? Al momento lo vedo poco praticabile. E allora cosa resta? Resta uno strumento previsto dalla Costituzione, ma ci dà strumenti per seminare un seme che è quello di portare a casa le competenze in molte materie. E’ l’autonomia. E’ questa la via al momento praticabile e vincente da perseguire. Appena dopo le elezioni l’hanno subito invocata due governatori, Toti e Zaia, la Liguria e il Veneto”.

Ma c’è anche un pensiero per un alleato trasversale. “Un altro governatore, Stefano Bonaccini, in Emilia Romagna, esprime le stesse idee… E ci crede. C’è uno schieramento trasversale, è un argomento costituzionale”.

QUESTA RIUNIONE NON NASCE DAL NULLA

E Castelli si avvia alla conclusione. “Questa riunione non nasce dal nulla, sono un po’ di mesi che ci riuniamo, tra amici, per parlarne, e ora la forza delle regioni che battono sull’autonomia ci dà una forza enorme. L’autonomia, oggi questo il percorso da fare.
C’è un altro punto sul quale i commentatori politici non si sono soffermati. Oggi il centrodestra, la Lega – e noi ne facciamo ancora parte e questo vuol dire che l’afflato autonomista, federalista nella Lega c’è ancora – con il Veneto, la Lombardia, la Val d’Aosta, il Friuli, la Liguria, il Trentino… è al governo di una regione che fa il 50% del Pil italiano.
In qualunque altro paese questo avrebbe una forza dirompente.
Da questa serata ci possono essere due decisioni: una che dice “è stato bello”, un’altra che dice che è un punto di partenza. Due le vie: appoggiare l’azione in toto di autonomia differenziata e sollecitare questo gruppo di governatori con una forza politica economia potentissima per far sì che l’autonomia arrivi in fretta e la Padania abbia il peso che merita. Grazie per la partecipazione”. E saluto che non si sentiva da tempo: “Padania Libera!”.

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Direttrice: Stefania Piazzo
La Nuova Padania, quotidiano online del Nord.
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