L’INTERVISTA – Il primario del Poma: A Mantova una fondazione di ricerca sul PLASMA

6 Giugno 2020
Lettura 5 min

di Giacomo Gabriele Morelli* – E’ stato in una tarda serata di aprile, annichilito dalle immagini Tv di convogli militari carichi di bare e dall’ennesimo lugubre risuonare di un’ambulanza che transitava veloce sulla via, che sentii parlare per la prima volta di plasma iperimmune. Ne parlava in un’intervista il prof. Giuseppe De Donno, direttore del reparto di pneumologia e terapia intensiva dell’Ospedale Carlo Poma di Mantova.

Rimasi sorpreso e colpito: un medico della provincia in cui vivo che parlava di Covid 19! Nonostante da alcune settimane rimbalzassero notizie ingannevoli di rimedi risolutivi della pandemia disponibili in Nord-Europa, in Russia, in Giappone, ecc., in breve tempo tutti rivelatisi inconsistenti, le affermazioni del medico intervistato che via via illustrava in modo scientifico la terapia che stava impiegando con i propri ricoverati di Covid 19, con risultati sopra ogni aspettativa, le avvertivo nell’intimo serie e convincenti.


Si accendeva dunque un’insperata luce nell’angosciante tunnel distruttivo scavato dal Covid 19 nelle nostre vite? Proprio a Mantova?
Ne fui molto rasserenato, per la prima volta sul piatto non c’erano vacillanti ipotesi ma risultati tangibili: non si trattava dell’ennesima bufala terapeutica.


Reperita l’intervista, la mattina seguente la diffusi a chiunque conoscessi, ricevendo immediatamente commenti positivi, soprattutto dai medici. Il tam tam mediatico nei giorni seguenti diventò virale e sappiamo com’è andata, il plasma iperimmune è diventato progressivamente patrimonio dell’emozionalità di un Paese, proiettato verso l’internazionalità.


Esculapio, Dio della medicina, aveva deciso che tra mille ricercatori mondiali impegnati disperatamente nella ricerca di una soluzione alla pandemia, l’intuizione per un rimedio, seppur non totale, maturasse non in scienziati di rinomati centri di ricerca avveniristici ma in acuti e appassionati medici di provincia di Mantova e Pavia schierati in prima linea.


Su di essi inevitabilmente a quel punto era destino che il mondo mediatico riversasse ogni sorta di attenzione.
Il plasma iperimmune ha registrato così le innumerevoli ed entusiastiche espressioni di gratitudine di milioni di cittadini alleviati in parte dai propri incubi, ma anche l’atteggiamento di sufficienza di alcuni dei luminari e delle eminenze grigie della Sanità che nel loro ridimensionato protagonismo hanno dato all’opinione pubblica la sensazione di voler frenare la diffusione della terapia; e se da un lato il plasma iperimmune è stato gratificato dell’attenzione dell’ONU e di svariate organizzazioni mediche europee e d’oltre oceano, dall’altro deve oggi guardarsi da strumentalizzazioni giornalistiche, politiche ed economiche.

Auguriamoci che su tutto prevalgano le pagine emozionanti scritte da coloro che dal plasma iperimmune sono stati salvati, e che queste costituiscano il motore inesauribile per valorizzare le potenzialità dell’impiego del plasma iperimmune, per il bisogno dei malati, e per il doveroso riconoscimento del lavoro di coloro che l’hanno proposto al mondo.
Sull’argomento ecco quanto cortesemente rilasciato dal prof. De Donno a MCG (Manotva Chiama Garda, ndr).

Prof. De Donno la sua immagine e il suo operato si sono imposti repentinamente all’attenzione di decine di milioni di italiani e di operatori sanitari esteri. Chiunque si tenga sufficientemente informato sul Covid 19 è al corrente del ruolo di primo piano che lei ha assunto all’interno di questa pandemia.
Se potesse ritornare ad alcune settimane fa, c’è qualcosa che rifarebbe per meglio amplificare e rendere notorie le sue rilevazioni scientifiche, soprattutto nei confronti degli organi preposti della Sanità?


“La mia inesperienza nel gestire i media mi ha certamente sovraesposto. Tutto questo ha creato invidie e perplessità, ma il mio unico obiettivo era quello di promuovere l’uso del plasma del paziente convalescente. Direi di esserci riuscito. Quando ho intrapreso questo cammino, con il mio Direttore di Presidio Ospedaliero, dottoressa Consuelo Basili, ho detto che se anche ci avessi dovuto rimettere personalmente, ma questo avesse permesso di salvare una sola vita in più, beh sarebbe stato un risultato eccezionale. Ricevere oggi ringraziamenti da più parti del mondo mi riempie il cuore”.


Le aspettative che si sono riposte in lei da parte di milioni di persone, in cui lei ha alleviato l’oppressione angosciosa di paura risvegliando un grande sentimento di speranza, quanto le possono essere di aiuto o di peso?

“Sono la mia benzina. Il mio intento era quello di rasserenare gli animi e, a Mantova, riavvicinare il nostro Ospedale alla città. Credo di esserci riuscito. Credo”.


Le sue battaglie mediatiche di varia natura le permettono ugualmente di cogliere il calore e la gratitudine che si sono creati attorno al suo personaggio?


“Sono circondato da molto affetto e da molte soddisfazioni. Mi arrivano riconoscimenti istituzionali e cittadinanze onorarie. Non avrei immaginato nulla di tutto questo”.


I suoi chiari interventi presso i media ci hanno illustrato in modo esauriente il ruolo del plasma iperimmune nella lotta al Covid 19. Abbiamo tutti almeno intuito, non essendo medici, le potenzialità della cura con plasma iperimmune; ci potrebbe esporre quale sintomatologia richieda un sollecito ricovero in ospedale per permettere la massima efficacia di questa terapia?


“Secondo il Protocollo Mantova-Pavia abbiamo utilizzato il plasma del paziente convalescente nelle forme gravi di insufficienza respiratoria. Ci siamo accorti infatti che nelle forme gravissime funzionava poco, laddove oramai il danno era consolidato, irreversibile”.


Lei ci ha illustrato la sicurezza del plasma iperimmune riguardo la ipotetica trasmissibilità di patologie del donatore, i costi contenuti di una sacca di plasma, la necessità di un’apposita banca. Ci può nuovamente ricordare chi e quando può donare il plasma, e chi non è idoneo?


“Le regole sono quelle delle donazioni. Possono donare pazienti che si sono ammalati di COVID, con tampone positivo, negativizzatosi in due tamponi sequenziali a distanza di 24 – 48 ore. Età compresa tra 18 e 60 anni. Non significative comorbidità. Le donne non devono aver avuto figli”.


Il problema delle donazioni quanto lo ritiene limitante per ottenere i risultati preposti e come viene affrontato dal punto di vista pratico?


“I donatori sono il motore di questo progetto di trattamento. Bisogna per questo collaborare con AVIS e raggiungere con i social e con i mezzi di comunicazione tutti i donatori”.


La conservazione delle sacche di plasma per quanto tempo le rende utilizzabili ed efficaci e che struttura richiede?

“Le sacche possono durare a lungo se non sono inattivate. Anche anni. Bastano dei freezer conservatori che raggiungano temperature di – 80 gradi”.


La terapia col plasma iniziata e subito abbandonata a Wuhan era identica alla sua o la sua scarsa efficacia è imputabile a fattori che non ci sono noti? Le risulta esservi una risposta al Covid 19 e alle sue terapie diversa tra razza e razza, l’Africa ad esempio non è esplosa come si pensava accadesse?


“I colleghi cinesi purtroppo hanno arruolato pazienti troppo gravi. Per quanto riguarda la predisposizione vi deve essere una spiegazione nell’ambito del sistema maggiore di istocompatibilità, meglio conosciuto come HLA. Stanno partendo studi in questa direzione”.


Molti opinionisti scettici sulla virulenza del Covid 19 affermano che si muore quasi sempre a causa delle patologie concomitanti con l’infezione da Covid 19, che di per sé sarebbe poco letale. Quanto è condivisibile questa teoria? Per intenderci: la polmonite interstiziale causata dal Covid 19 “attecchisce” in chi è già fragile di salute, oppure anche una persona “sana” può essere colpito da una polmonite da Covid 19 e soccombere senza cure?


“Questo è un virus talmente nuovo che non lo conosciamo per nulla. Le polmoniti complicate da ARDS hanno colpito soprattutto gli anziani, gli obesi, i diabetici e gli ipertesi. Abbiamo tuttavia visto anche molti giovani senza comorbidità”.


Alcuni suoi colleghi hanno affermato che ad un paziente guarito di Covid 19 su tre (30%) rimarrebbero poi problemi polmonari cronici per sempre. Ci potrebbe dare la sua opinione in proposito?
In caso affermativo, si potrebbe in futuro programmare l’impiego tempestivo del plasma anche nei casi non gravissimi ma che indicassero significative probabilità di cronicizzazioni future?


“Purtroppo è così. I pazienti affetti da gravi forme di ARDS sviluppano quadri destruenti di fibrosi polmonare. E’ pertanto necessario uno stretto follow up. Il plasma del paziente convalescente deve diventare un modello. Questa sarà una delle funzioni della banca del plasma”.


In alcune interviste ha espresso alcuni progetti che sognerebbe di realizzare a Mantova, ce li vuole esporre?


“Il mio sogno è quello di realizzare a Mantova una Fondazione che esprima un centro di Ricerca Clinica e di Sperimentazione, che riesca a collaborare molto più strettamente con le Università Italiane. Direi che siamo a buon punto…”.

*Ringraziamo la direzione, l’editore di MCG per aver concesso e autorizzato, in un’ottica di sinergia tra le testate, la pubblicazione dell’intervista anche sul nostro quotidiano, per praticare un giornalismo di servizio, in cui l’etica e la buona pratica aiutano a rinforzare una virtuosa comunicazione su un tema di dominio pubblico. Come la scienza, anche l’informazione ha in alcuni frangenti l’opportunità di diffondere la conoscenza e il progresso. L’intervista è stata tratta dalla rivista Mantova Chiama Garda, n.3 giugno-luglio 2020.

IL GIORNALE

Direttrice: Stefania Piazzo
La Nuova Padania, quotidiano online del Nord.
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