“Chi fa il mio nome millanta”. Lo afferma il sottosegretario all’Economia Federico Freni in un’intervista a ‘Repubblica’, citata nell’ordinanza sugli appalti dell’Anas nella quale non risulta indagato. E sulla sua “disponibilità”, riferita da uno degli indagati, ribatte: “L’unica disponibilità che mi riconosco sottolinea – è quella all’ascolto: vale per tutte le persone che incontro e ricevo, dalla prima all’ultima”. Freni si dice “assolutamente tranquillo. La preoccupazione si riserva a cose gravi, non certo a citazioni di terze persone. Se dovessi preoccuparmi di tutti i giudizi o le chiacchiere altrui, oltre un limite ragionevole, non dovrei uscire di casa. La mia serenità deriva dal fatto che sono completamente estraneo a questa inchiesta”.
Aggiunge che “non posso governare ciò che altri dicono di me, o le fantasie che si possono raccontare a terzi uscendo dal mio ufficio, a prescindere da cosa si sia realmente detto all’interno. È un prezzo che, nel mio ruolo, si rischia di pagare”. Il sottosegretario conclude spiegando che “come non condivido il garantismo a giorni alterni, così non cambia la mia opinione sulla magistratura. Dietrologie, manine e simili li lascio volentieri alle cronache rosa. Credo, al contrario, che la responsabilità, personale e politica, soprattutto quella di chi ricopre un incarico istituzionale, deve essere sottoposta a un continuo controllo, senza ovviamente scadere in persecuzioni ingiustificate. È un atto dovuto, un segnale di rispetto per i cittadini che scelgono i loro rappresentanti”.