Quei Dpcm che delegano al premier di decidere senza passare dal Parlamento, in barba alla Costituzione da 10 mesi

8 Ottobre 2020
Lettura 1 min

di Luigi Basso – Con il decreto legge n. 125 pubblicato ieri in Gazzetta Ufficiale il Governo Conte ha voluto far credere di aver elaborato il fondamento giuridico-formale e costituzionale per poter emanare a piacimento nei prossimi giorni i tanto cari, a Conte, DPCM.  E tuttavia, come a marzo, il 27, scrivemmo che i decreti di allora erano illegittimi, così oggi dobbiamo dire che il Decreto Legge in questione è, come quelli, incostituzionale e, anzi, se possibile, lo è ancora di più.

In primo luogo il decreto legge odierno è incostituzionale poichè ripete tutti i vizi e gli errori dei decreti legge posti alla base della decretazione amministrativa del Premier di marzo. In buona sostanza, ricordiamo in sintesi, allora si violava la riserva di legge posta dagli artt. 13 e seguenti della Costituzione per la limitazione dei diritti costituzionali di circolazione, riunione, associazione, svolgimento di attività di impresa, in quanto quei diritti non erano direttamente e precisamente limitati dal decreto legge, ma questo era usato per delegare al Premier il potere di limitare i diritti nel concreto, determinandone anche le modalità specifiche: dunque il DPCM limitava in concreto i diritti e non il DL, e questo non è tollerato dalla Costituzione.

Oggi il decreto legge ripete quella impostazione incostituzionale infliggendo una nuova, e, per quanto possibile, ancor più grave ferita alla Costituzione. Se a marzo si poteva discutere, infatti, sulla sussistenza dei requisiti di necessità ed urgenza che la Costituzione esige per l’utilizzo dello strumento eccezionale del decreto legge, oggi non si può neppure mettere in dubbio la palese insussistenza di tali requisiti.

La Pandemia è stata dichiarata all’inizio dell’anno dall’OMS, dal 28 febbraio siamo in Stato di emergenza più volte reiterato, ma soprattutto da mesi tutti gli organi tecnici, compresi quelli che consigliano il Governo, dicono e scrivono che la seconda ondata è sicura. Ora, a fronte della nota ripresa dei contagi, che tutti sapevano sarebbe iniziata con i primi freddi autunnali per poi innalzarsi in inverno, il Governo è stato immobile, non ha portato in Parlamento per tempo disegni di legge adeguati ad affrontare la ripresa dei contagi, ma ha atteso che l’epidemia riprendesse vigore per ricorrere nuovamente ad imporre al Parlamento la ratifica di decreti legge sotto il martellamento dei dati in salita sul numero di malati.

Oggi, dunque, il Premier chiede di nuovo poteri di limitazione dei diritti costituzionali invocando una urgenza che, dopo 10 mesi di pandemia, non vi è più in modo palese. Perché si è voluto evitare il dibattito pubblico e parlamentare in modo così manifestamente arrogante?

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