di Stefania Piazzo – Che l’Europa sia incompiuta, imperfetta, percepita come inutile, è un dato di fatto. Per alcuni partiti politici europei ed italiani, l’alternativa è stata per anni la costruzione di un asse con la Russia, ritenuta salvatrice dei valori dell’Occidente. Da Le Pen alla Lega il fronte comune era evidente. E lo è tutt’ora, dopo una costruzione di reti e rapporti che dura da anni.
E ora? C’è chi afferma che l’Europa in questi giorni sia impegnata a combattere su due fronti: uno di difesa militare sul fronte orientale, l’altro col nemico interno sovranista. Ne uscirà travolta o rafforzata? Il voto francese che conferma presidente Macron ci dice che l’onda sovranista, quella che unisce in un medesimo destino Salvini e Le Pen, quella che l’Europa deve tornare agli stati nazionali, ebbene, questo passaggio elettorale respinge l’ultimo assalto.
Non sempre quando ci si trova davanti a snodi cruciali della storia si ha l’esatta contezza dell’importanza di quel momento. Credo che oggi però sia proprio il caso.
Dove porta o voglia portare il vento sovranista lo abbiamo visto. Si parla di Europa dei popoli. Bene. L’esempio più vicino a casa nostra è stata la Lega, catalana al momento di sostenere anni fa la battaglia per l’autodeterminazione, ma poi nazionalista e conservatrice con Vox, in Spagna, l’esatto opposto di quanto professava solo qualche anno prima.
Il Fronte nazionale, alleato della Lega in più occasioni, ha sempre preferito un asse con Mosca piuttosto che con Bruxelles. E sicuramente non ha mai espresso parole di sostegno alle battaglie autonomiste. Il nazionalismo è il motore della politica che anima le campagne elettorali. E lo è anche in questa cruenta guerra nel cuore dell’Europa. I nazionalismi non garantiscono la pace.
Ma facciamo un passo indietro.
Nelle ultime elezioni in Francia si è confermato il calo di elettori. E’ una tendenza generale (tranne negli Usa, con Trump). Rispetto a 5 anni fa, l’astensione si è fatta sentire. Ma non sta meglio di certo l’Italia.
I vecchi blocchi politici sembrano dissolversi. Tutto muta. Ma appare evidente nel voto francese che l’alternativa meno Europa rispetto a più Europa, esce perdente.
Giorgia Meloni, che non appoggiava Marine Le Pen, correttamente non ha commentato la nuova sconfitta. D’altra parte Le Pen non appartiene alla sua famiglia politica europea. Solo Salvini si è sbracciato per congratularsi della beata solitudine perdente dell’amica politica. Tra sconfitti, ci si intende.
E mentre ci si concentra sugli effetti nefasti della guerra nell’economia di tutti i giorni, l’Italia che andrà al voto tra un anno troverà tra le questioni sul tavolo politico, la legge elettorale. Quella proporzionale, magari, che non è poi così più temuta da Fratelli d’Italia. Il centro sarà l’ago della bilancia. E il moderatismo di Meloni, che è più atlantista della Lega, più interventista in difesa dell’Ucraina, come il resto d’Europa, in virtù del diritto alla legittima difesa, più della stessa Lega, e in generale più accanita contro il reddito di cittadinanza votato dalla Lega, giocherà la sua partita pescando proprio lì, al centro. Da destra guardando al centro. Chi ha voluto occupare lo spazio della destra, invece, senza averne i fondamentali e la cultura politica, non avrà vita facile. Alcuni dicono che lo scivolamento verso la soglia del 10% non è poi così lontana.