di Raffaele Piccoli – Il governo presieduto da Giorgia Meloni, e di cui Matteo Salvini è vice presidente, non si è mai dimostrato particolarmente ” amico ” delle autonomie dei territori. L’autonomia differenziata è parte del programma di governo, per questo motivo i propugnatori della ” nazione ” loro malgrado sono costretti ad accettare quanto peraltro previso dalla costituzione.
Nella conferenza stampa di inizio anno, la stessa Presidente del Consiglio, sollecitata dal giornalista ad esprimersi sull’argomento, ha dato una risposta alquanto singolare. Senza mezzi termini ha parlato di disallineamento istituzionale tra Presidenti di Regione (Governatori) eletti direttamente, e presidente del Consiglio dei Ministri, sottoposto alla mediazione politica del parlamento e alla nomina del Presidente della Repubblica.
Per ovviare a questa anomalia, a detta della Premier, non esistono alternative al rafforzamento di ruolo e potere del Presidente del Consiglio, se non tramite una investitura diretta da parte dell’elettorato. Il pensiero e le parole del capo del partito di maggioranza relativa, hanno a mio avviso una sola interpretazione: nessuna ulteriore autonomia regionale differenziata (o privilegiata come viene definita oggi da alcuni detrattori), in assenza di premierato forte.
Perchè questa premessa?
Nei prossimi giorni (salvo imprevisti) la legge Calderoli , sarà all’esame dell’aula di Palazzo Madama, e sarà interessante a quel punto verificare come si muoverà la maggioranza. Diventa verosimilmente difficile oggi comprendere quale iter il senato prima e la camera poi vorranno attribuire al provvedimento. Non dobbiamo dimenticare che mentre Il disegno di legge Calderoli è una semplice legge ordinaria (seppur fondamentale) il premierato forte è una norma di modifica costituzionale, con un iter parlamentare estremamente lungo e complesso, e con eventuale (sicuro) referendum popolare.
Va detto a parziale discolpa della Premier, che la stessa nel riferirsi a quanti nel sud e nel centro Italia( principalmente la sinistra e i sindacati di scuola e sanità, ma anche qualche esponente della maggioranza), hanno gridato allo scandalo insistendo che la legge Calderoli, è una penalizzazione per il Sud, ha correttamente replicato che al contrario il provvedimento vuole stimolare le regioni che hanno oggi gestioni peggiori a migliorare le loro performance. Sarà bene capire, a questo punto, se a quelle che oggi godono di buona amministrazione oltre alle ulteriori materie da gestire, verranno correttamente attribuiti anche i fondi necessari.
Non è pertanto affatto chiaro, come detto, capire quale sarà il vero destino di questa legge. Su questo vale la pena ricordare il pessimo precedente del federalismo fiscale, legge varata nel 2009 e mai sostanzialmente applicata.
Per il mondo delle autonomie è oggettivamente un’ulteriore momento di attesa.
Il provvedimento in se non cambia assolutamente l’assetto istituzionale italiano in senso federale, si tratta solo di semplice decentramento. Dopo oltre 20 anni di attesa dalla modifica del titolo V della costituzione, e a quasi 7 dai referendum in Lombardia e Veneto, l’autonomia differenziata è la poca cosa che il Nord forse riuscirà ad ottenere, con buona pace di Salvini e Zaia.
Sarebbe bene che ci chiedessimo tutti, a questo punto, ma crediamo ancora nel federalismo? e inoltre se in questi anni avessimo avuto un forte determinato e battagliero sindacato del Nord avremmo ottenuto solo queste poche briciole, se mai ci saranno date?