di Roberto Gremmo – Leggo oggi su “Serenissima News” ( la “voce della Serenissima Repubblica di ieri, di oggi è di domani”) una denuncia morale più che politica a firma Alvise Fontanella dove si afferma che al deputato Umberto Bossi il partito di Salvini, in barba agli impegni, non garantirebbe più la collaborazione di due assistenti, coadiutori indispensabili a garantirgli la presenza a Roma.
Non ho motivo di dubitare della verità di questa situazione, tanto più che il vecchio ma ancora in gamba Paolo Gobbo sullo stesso sito “Serenissima News” manifesta tutto il suo sconcerto, a meno non si tratti di disinformazione.
Sono stato prima leale alleato di Bossi quando fondavamo i movimenti nordisti e poi fermo avversario quando creò un partito verticista dove si imponeva dall’alto la linea politica. Non ci trovammo più d’accordo. Io quella battaglia l’ho persa. E Bossi oggi si trova a dover fare i conti in quel partito con il tarlo del carrierismo di un nuovo ceto politico a vocazione trasformista che, in un momento difficile, ha abbandonato ogni principio autenticamente federal-cantonale-alpino padano.
Hanno trasformato il partito in una fotocopia mal riuscita dei partiti personali, tipica espressione del notabilato post-borbonico con mentalità levantina.
Però’ “l’Umberto” può ancora tornare ad essere un punto di riferimento politico per quelli che, invertendo la rotta italianista che sta inesorabilmente facendo naufragare la Lega, pensano sia necessario rialzare il vessillo della questione settentrionale. Ma deve avere piena agibilità. Impedirglielo sarebbe un atto politicamente grave. E umanamente riprovevole.