Calenda e gli elettori che sbagliano. Il voto dalla curva degli Hooligans porta a 30 anni di declino

17 Febbraio 2023
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di Stefania Piazzo – Carlo Calenda, leader di Azione-Italia Viva, nell’immediato dopo voto ha affermato in un twitter e poi in televisione, su La7 a L’aria che tira e a Dimartedì, che gli elettori sbagliano. Votano, in altre parole, in modo umorale, di pancia, senza una preventiva scelta fondata su altri criteri: candidati capaci, con una visione che non si fermi alla raccolta del consenso legato a promesse e proclami elettorali. Gli elettori votano, in sostanza, come se fossero in curva sud. Questione che Jason Brennan aveva codificato qualche anno fa nel suo saggio “Contro la democrazia”.

Perché va da sè che una democrazia eletta dalla curva sud non possa essere una democrazia compiuta. o che rappresenti il bene comune. Rischia di trasformarsi in una democrazia di scappati di casa. La sovranità è una cosa seria e non è vero che la maggioranza ha sempre ragione solo per il fatto di essere stata eletta. Da chi? Appunto.

Questo il primo twitter di Calenda: “Gli elettori decidono ma non hanno sempre ragione. Altrimenti non saremmo messi così. Avete tutti scritto che la Moratti era la candidata perfetta per la Lombardia. Il Lazio con un ottimo candidato e coalizione è andato peggio. Sono trent’anni che votiamo e siamo scontenti di chi votiamo. Sostengo da sempre che votiamo per ragioni sbagliate: appartenenza e moda”.

Una tifoseria, insomma. Oggi Calenda affida in una lunga lettera al Corriere della Sera il suo pensiero.

Ma come?, si interroga Calenda, con tutto quello che si è visto accadere in Lombardia durante il Covid, i lombardi premiano ancora quella gestione? Da cosa allora è trainato il voto lombardo? Dall’astro del momento, dalla stella cometa che passa. Oggi è Giorgia Meloni. Ieri era Salvini, l’altro ieri era Beppe Grillo, con Conte a tenere insieme i 5S e la Lega che aveva vinto, ma con un’altra maggioranza…

“Caro direttore,
ha destato scandalo una mia dichiarazione al Corriere in cui sostenevo che il voto a Attilio Fontana è incomprensibile dal punto di vista dei risultati di governo ottenuti nella gestione del Covid. «Gli elettori hanno sempre ragione» hanno tuonato all’unisono quei commentatori che pure tutti i giorni da decenni scrivono dei mali della politica italiana. E in questo sta l’ipocrisia. In una democrazia gli elettori non possono avere sempre ragione e contemporaneamente sempre lamentarsi della politica che pure hanno votato. Che nella democrazia l’elettore sia «il Re» è un fatto, ma che anche i Re possano sbagliare è altrettanto comprovato”.

E punta al sodo: “Sostengo, non da oggi e non a giustificazione del deludente risultato del Terzo polo di cui mi sono assunto tutte le responsabilità, che in Italia da molto tempo il voto degli elettori prescinda da ogni criterio razionale relativo alla capacità effettiva di governo delle istituzioni dei candidati in campo”.

E come si traduce in chiare lettere “ogni criterio razionale” che porta a scegliere quella “capacità effettiva” che dovrebbe avere l’eletto nel saper governare?

Semplice. Avere la capacità di discernere tra il bene e il male, tra candidati laqualunque e candidati con sale in zucca.

“Negli ultimi decenni è prevalso il voto «contro» — destra e sinistra — (gli hooligans, appunto, ndr) a cui da ultimo si è affiancato il voto per moda. Si votano i 5S quando va di moda il vaffa (contro i politici che pure abbiamo votato nelle precedenti elezioni); poi il «Capitano» che promette «prima gli italiani» (come se questa affermazione avesse una qualsiasi valenza programmatica) infine la Giorgia nazionale del «sono una madre, sono cristiana» (anche questo, uno slogan non esattamente pregno di significato politico). Consensi fondati sul nulla e che rapidamente tornano al nulla appena i protagonisti vengono a noia agli elettori. Il voto è diventato insomma per una parte della popolazione l’equivalente del televoto al Festival di Sanremo. E non è un caso che Sanremo sia diventato l’unico evento «politico» seguito da dieci milioni di italiani”.

Non serve addentrarsi nei principi tecnici dell’epistocrazia, ovvero di un governo affidati ai “capaci”. E’ chiaro anche così, come da tre anni a questa parte si sbraccia per affermarlo l’associazione Epistocrazia che fissa giusto giusto questi paletti. Chi ha votato alle ultime regionali ha votato come fosse il televoto di Sanremo o con un’idea precisa di paese, con una visione di medio termine nelle scelte proposte, anche impopolari?

Afferma chiudendo Calenda che “Insomma tra voto «contro» e «televoto» l’unica cosa che le elezioni non sono davvero più è il meccanismo di scelta delle persone più preparate per governare il Paese. Vi è infatti oramai una totale separazione tra elezioni e governo”.

Scelta di persone più preparate. Calenda parla a tutti dalle pagine del primo quotidiano nazionale. Noi, che siamo infinitesimamente più piccoli, osiamo dare un nome a questa bandiera. E’ la questione epistocratica. Che si fa avanti e che vuole mettere da parte gli slogan facili e chiederci di essere consapevoli di ciò che facciamo dentro il seggio elettorale. Perché? Perché non farlo, ha questo effetto rabbioso: “La rimozione ci ha portato dritti ad un trentennio di declino morale e civile“.

IL GIORNALE

Direttrice: Stefania Piazzo
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