di Luigi Basso – Da alcune settimane i prezzi di molte materie prime stanno salendo a quotazioni stellari: l’acciaio è salito di + 130%, ma anche rame, petrolio, frumento, mais, soja, polietileni sono schizzato con rialzi medi del 30%.
Questa fiammata dei prezzi non potrà che ripercuotersi, a valle, sui prezzi al consumo dei prodotti lavorati e semi lavorati e sulle attività connesse (una su tutte, l’edilizia).
Dopo decenni di deflazione, dunque, sembra tornare ad affacciarsi sulle economie mondiali la cara e vecchia inflazione.
Le cause sono molteplici e varie: l’enorme mole dei debiti pubblici statali, la pandemia, la rottura di molte catene della distribuzione, certamente; ma anche la crescita abnorme del numero di abitanti e della loro ricchezza in molte zone del mondo un tempo povere che assorbe materie prime, facendo lievitare una domanda di beni che fino a qualche anno fa era inimmaginabile.
L’inflazione in arrivo sarà un potente elemento di contenimento dei debiti pubblici dei Paesi messi peggio (USA e Italia, tra i tanti), mentre andrà a penalizzare fortemente i Paesi virtuosi (quelli con poco debito).
Anche a livello della popolazione, con l’inflazione i debitori vedranno ridursi la loro sofferenza, mentre i creditori si troveranno meno ricchi.
Inoltre, l’inflazione farà aumentare il prezzo delle cose e, dunque, ridurrà i consumi ed imporrà austerità.
L’unico dato imprevedibile sarà il tasso al quale salirà l’inflazione: sarà contenuto o schizzerà ?
Torna l’inflazione. Così dopo la povertà da pandemia saremo ancora di più con le pezze al sedere
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