“In mezzo a regole non ancora chiarissime sull’uso dei green pass nei rifugi alpini, è del tutto evidente che in queste strutture e in tutti rifugi che si trovano in alta montagna i gestori sapranno usare buon senso, svolgendo nel modo migliore il loro ruolo. Il rifugio, nelle Alpi e negli Appennini, non è un ‘alberghetto di montagna’ o un ristorante in quota. È una struttura con precise destinazioni finalizzate anche alla protezione di quanti frequentano la montagna, piuttosto che alla cura e al ristoro di chi si trovasse in emergenza. Non è un hotel. Ed è chiaro che i gestori sapranno come, quando e quanto essere rigidi con il green pass. Che serve per mangiare ai tavoli all’interno, come scritto nelle faq, ma allo stesso tempo vi è bisogno di elasticità per chi si trovasse in difficoltà e ha bisogno di riparo. La montagna adotta da un anno e mezzo un buon senso che fa scuola. E i gestori dei rifugi, gli operatori e chi lavora in condizioni difficili in queste strutture, sapranno gestire nel modo migliore le situazioni. La montagna, l’alta montagna, ha precise connotazioni territoriali e così sono specifiche le strutture in alta quota, i rifugi e i bivacchi, gestiti e non gestiti. Non siamo certo in piazza San Babila o davanti Fontana di Trevi”. Lo afferma in un comunicato Marco Bussone, presidente nazionale Uncem, Unione dei Comuni e degli Enti montani.
Rifugi alpini, chi entra e chi no con Green Pass?
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