Autonomia per Roma Capitale. Le nuove rivendicazioni della Lega. Cosa avrebbe risposto Gilberto Oneto?

10 Maggio 2020
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Sopresi? Macchè. La battaglia per l’autonomia di Roma. Come vorrebbero i cittadini e le imprese del Nord vedere lo stesso ardore e impegno del Carroccio per un dibattito sull’autonomia del Nord. E su quella che c’è, pasticciata e mal gestita.

Ma cosa avrebbe detto davanti a questa campagna per Roma Capitale che non è abbastanza autonoma, e sulla preoccupazione della Lega di liberare Roma un padanista come Gilberto Oneto? Scomodiamo un suo scritto, pubblicato su il settimanale Il Federalismo del lontano 13 aprile 2004. Qualche stralcio, per non dimenticare.

Nel 968 Liutprando, vescovo di Cremona, spiegava all’imperatore Niceforo Foca come l’epiteto di “romano” fosse presso la sua gente il peggiore degli insulti, perché comprendeva «ogni idea di ignobiltà, avarizia, lussuria, menzogna e di ogni altro vizio» («quicquid ignobilitatis, quicquid avaritiae, quicquid luxuriae, quicquid mendacii, immo quicquid vitiorum est»).

Non hanno detto di meglio Lutero (che la identificava con la Babilonia dell’Apocalisse) e i riformati (Ulrich van Hutten ha scritto nel suo Vadiscus che le sole ragioni per recarsi a Roma erano la vana curiosità, la lusinga del guadagno e il desiderio di condurre una vita licenziosa); Nathaniel Hawthorne ha descritto Roma come: «un luogo dove i delitti e le calamità secolari, le molte battaglie, il sangue versato con noncuranza e le miriadi di morti hanno corrotto tutto il suolo determinando un influsso che rende l’aria pestifera ai polmoni dell’uomo».

Nel 1910, su Lotta di classe, l’ancora socialista Mussolini scriveva: «Roma, città parassitaria di affittacamere, di lustrascarpe, di prostitute, di preti e di burocrati, Roma – città senza proletariato degno di questo nome – non è il centro della vita politica nazionale, ma sibbene il centro e il focolare d’infezione della vita politica nazionale (…). Basta, dunque, con lo stupido pregiudizio unitario per cui tutto, tutto, tutto dev’essere concentrato in Roma – in questa enorme città-vampiro che succhia il miglior sangue della nazione».

Sappiamo poi come è andata a finire (“Roma doma”): come tanti altri anche Mussolini, che pur veniva da un paese sano e ricco di anticorpi, è stato corroso dai miasmi dell’Urbe.

Che ne pensate? Attuale, superato, oltranzista, realista? Ma la domanda è: dov’è il baricentro politico della Lega?

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Direttrice: Stefania Piazzo
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