Sarà anche la fine del meridionalismo contrastato dal Cav e Bossi?

14 Giugno 2023
Lettura 2 min

di Sergio Bianchini – Chi non vuole essere inchiodato dalla faziosità ma considerare gli eventi alla luce del destino della società e dello stato deve davvero cogliere la assoluta particolarità di questa grandiosa cerimonia.

C’era tutta la classe politica Italiana escluso il massimo rappresentante del sud, Conte.

 Il meridionalismo che da 40 anni, con l’alleanza del centro con il sud rappresentata teoricamente dal cattocomunismo, domina il paese e lo stato si è dissolto. Il ritorno di un minimo di coscienza reale delle necessità economiche ha piegato  le strategie politiche regolatrici su cui si erano uniti centro e sud per spennare il nord e consolidare il loro consenso.

Spennamento del nord a cui sia i nordici con la lega che Berlusconi si sono opposti ma senza riuscire a vincerlo perché sono mancate le basi teoriche per concepire un nuovo schema di governo e quindi la forza anche intellettuale per costruire una prospettiva davvero capace di ricostruire su basi nuove il paese.

E quindi l’assistenzialismo ed il meridionalismo utilizzati dalle sinistre e benedetti dalla chiesa hanno impedito qualunque razionalizzazione della spesa e qualunque reale respiro alle aziende, specialmente le piccole e medie. E con ciò annientando lo sviluppo globale.

Da anni sostengo che bisogna affrontare apertamente il carattere trino della realtà italiana, composta da tre aree, nord centro e sud, con dinamiche e sensibilità economiche e politiche diverse ben note alla chiesa che ha tre vicepresidenti della Conferenza episcopale, uno per il nord, uno per il centro ed uno per il sud.

La stampa ha accennato al fatto che anche in Forza Italia si sia presentata l’idea di nominare tre responsabili di area, uno per il nord, uno per il centro ed uno per il sud. Ma non si capisce se l’idea stia crescendo. Qualcuno dice che è stata accantonata per paura delle polemiche.

Queste tre realtà esistono autonomamente ed agiscono in maniera sotterranea generando la continua e confusiva instabilità politica e culturale che procede con i desueti schemi del destra sinistra e del ricchi e poveri. Schematismi teorici e morali senza sbocchi che alimentano i conflitti in un blaterare general-generico senza poter delineare programmi concreti di medio lungo periodo e senza correggere la rissosità infinita del paese.

Il nord ancora non capisce questo ed oscilla tra un nordismo disperato e secessionista ed un nazionalismo, basato comunque sullo schema essiccato dell’opposizione destra sinistra, proiettato più verso il sud che verso il centro.

Il Centro, forte della sua potenza storica sia giuridica che filosofica e della sua familiarità con lo stato centrale, si è accorto che non può più vivere di rendita piagnucolando unitamente al sud e che deve fare i conti con lo sviluppo, con l’economia reale, e quindi con il nord.

L’incontro della Lombardia con Emilia e Toscana potrebbe essere il primo passo di una strategia capace di porre le tre macroregioni in una condizione di sincerità, di collaborazione onesta e di cogestione dello stato con programmi condivisi e sostenuti senza trabocchetti.

La sincerità di cui tutti, osservando i funerali di Berlusconi ed i volti dei presenti, abbiamo sentito la mancanza richiede il riconoscimento esplicito dell’esistenza delle tre Italie e una vera disponibilità a fare quello che serve per stabilire un dialogo ed una collaborazione tra le stesse basato su un forte realismo capace di sviluppare e governare le risorse.

D’altra parte non può essere la chiesa, che pure sostiene ormai quasi da sola l’agonizzante società italiana, a creare una nuova e consapevole classe dirigente. Ma certo essa sosterrà chi voglia metter mano alla situazione nei termini che ho delineato.

IL GIORNALE

Direttrice: Stefania Piazzo
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