Omicidio Cerciello, per i giudici programma preordinato di Elder e Natale

16 Luglio 2021
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“L’operazione descritta dalle difese, che vedrebbe i due militari aggredire i due imputati senza qualificarsi, senza mostrare un tesserino, per di piu’ disarmati e in pari numero ai loro antagonisti, senza alcuna garanzia che sarebbero riusciti a prevalere fisicamente e nella consapevolezza di non disporre di appoggi immediati, appare insostenibile e risulta smentita” da quanto emerso nel corso del processo. E’ quanto scrivono i giudici della prima Corte d’Assise di Roma, presieduta da Marina Finiti, nelle motivazioni della sentenza con cui il 5 maggio scorso hanno condannato all’ergastolo i due americani Finnegan Lee Elder e Christian Gabriel Natale Hjorth per l’omicidio del vicebrigadiere dei carabinieri Mario Cerciello Rega ucciso con undici coltellate il 26 luglio del 2019. Una sentenza che aveva accolto le richieste della procura di Roma con il pm Maria Sabina Calabretta.  “Perche’ i due carabinieri comandati in quel servizio dalla centrale operativa, avrebbero dovuto attaccare senza proferire parola i due ragazzi? Al contrario, i due imputati, sono consci di trovarsi in una situazione di illiceita’, sono consapevoli di aver commesso piu’ reati, quando si rendono conto di trovarsi di fronte a carabinieri devono sovrastarli, costi quel costi”, sottolineano i giudici.  

“I due imputati hanno agito all’interno di un programma condiviso e voluto da entrambi, l’azione delittuosa inizia insieme e termina insieme”. E poi “sia Elder che Natale hanno agito secondo un programma preordinato in cui l’evento letale costituisce una prevedibile, probabile conseguenza della condotta attivamente posta in essere da due correi che hanno integralmente condiviso i fatti di quella sera”. Insomma secondo i giudici della I corte d’assise della Capitale i due giovani statunitensi, Finnegan Lee Elder e Christian Gabriel Natale Hjorth, non possono avere attenuanti. Il vicebrigadiere dei carabinieri Mario Cerciello Rega è stato ucciso con undici coltellate il 26 luglio del 2019. “Nel caso in esame deve escludersi la sussistenza di un atteggiamento difensivo – si sottolinea – I due imputati sono ben consapevoli di trovarsi in una situazione di illiceità da loro stessi provocata e dalla quale non possono ritenersi legittimati ad uscire mediante il ricorso a una simile violenza, non siamo di fronte ad una reazione armata ma al contrario ad un’azione finalizzata all’offesa volta ad evitare il verosimile arresto da parte delle forze dell’ordine intervenute sul posto e qualificatesi”.

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