La Wagner in marcia verso Mosca. Bbc: Edifici pubblici evacuati

24 Giugno 2023
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 A Mosca è in corso una massiccia evacuazione degli edifici pubblici, a causa dell’avanzata del Gruppo Wagner verso la capitale russa. Lo riporta la Bbc Russia postando anche video di persone che lasciano velocemente edifici e musei vicini al Cremlino come la Galleria Tretyakov, il Museo Pushkin e la Casa della Cultura Ges-2. A Mosca sono stati evacuati anche il centro commerciale Mega Belaya Dacha e il centro commerciale Kvartal.  La minaccia, già di per sé oltremodo destabilizzante, si sta tramutando in realtà. Un convoglio del gruppo Wagner, la forza paramilitare che alle prime luci dell’alba ha preso il controllo di Rostov, la città russa di oltre un milione di abitanti al confine con il Donbass, si sta avvicinando a Mosca. A metà pomeriggio gli uomini di Yevgeny Prigozhin, l’ex cuoco di Putin, sono stati immortalati nei pressi di Lipetsk, sull’autostrada che collega Voronezh alla capitale. Solo 400 chilometri separerebbero i ribelli dal cuore nevralgico del Paese, in quella che è stata una giornata che sicuramente entrerà nella storia. I rapporti fra il capo della Wagner ei vertici russi erano tesi già da settimane ma nessuno si sarebbe aspettato un’evoluzione così clamorosa, che modifica gli equilibri non solo per quanto riguarda il conflitto in Ucraina. 

La miccia che avrebbe scatenato la rivolta e la conseguente marcia su Mosca sarebbe stata la richiesta (leggasi imposizione) di trasferire l’intero comando della forza paramilitare sotto il controllo dell’esercito, ossia del nemico numero uno Sergei Shoigu. Un invito rispedito al mittente, al quale sono seguiti altri insulti verso le più alte cariche del governo, la richiesta di ritrattare, il “niet” di Prigozhin e la rottura totale con lo stesso Vladimir Putin, che fino a ieri, in qualche modo, aveva sempre difeso il suo ex socio (in affari, si dice). Ma che dalle parole, per quanto forti, si potesse passare a una sorta di colpo di stato nessuno lo aveva previsto. Tanto meno il Cremlino, che ha consegnato Rostov alla Wagner, conquistata senza sparare un colpo. E che non ha quasi opposto resistenza alla cavalcata fino a Lipetsk, se non bombardando un deposito di carburante che avrebbe potuto rifornire i paramilitari di Prigozhin.

Una situazione incandescente e in continuo sviluppo, anche perché lo “zar”, nel suo discorso alla nazione, è stato chiaro: la Russia sta combattendo “la battaglia più dura per il suo futuro” . Ha parlato esplicitamente di “ammutinamento armato” e di “pugnalata alle spalle”, definendo l’azione come un tradimento al Paese e ribadendo che saranno prese “azioni decisive” per normalizzare la situazione. Ha anche chiesto a chi ha organizzato l’insurrezione di “fermare le vostre azioni criminali” mentre in serata il Cremlino ha offerto l’amnistia a chi depone immediatamente le armi. Parole finora inascoltate,si sta preparando al peggio, con blocchi armati nelle direttrici in entrata e una preoccupazione latente lungo le strade. In questo crescendo di tensione ci sono state naturalmente le reazioni internazionali e prima di tutto quelle di Kiev, che nel corso della giornata ha mantenuto un atteggiamento prudente. 

Volodymyr Zelensky ha osservato come al Cremlino si sia deciso di mandare migliaia di migliaia di persone in guerra per poi doversi barricare e difendersi dagli stessi che si è provveduto ad armare. Secondo Mykhailo Podolyak, consigliere del presidente ucraino, “le prossime 48 ore definiranno il nuovo status della Russia. Che sia una vera e propria guerra civile o una transizione di potere negoziata o una tregua temporanea prima della prossima fase della caduta del regime di Putin, tutti i potenziali giocatori stanno ora scegliendo da che parte stare”. Caute anche le dichiarazioni occidentali mentre da Washington filtra una certa preoccupazione, perché se è vero che Vladimir Putin dal 24 febbraio 2022 è diventato il nemico numero uno di tutto il fronte occidentale, Mosca ha il principale arsenale atomico del mondo e bisognerebbe evitare che finisca nelle mani sbagliate.

“Siamo come ai tempi di Giulio Cesare: quando il potere centrale perde la sua leadership a causa di una guerra non vinta, dalle periferie arriva chi è pronto a scalzarlo. E’ sempre stato così. Wagner non è solo una forza militare ma oramai da anni rappresenta un potere politico”. Andrea Margelletti, presidente del Centro Studi Internazionale, segue gli sviluppi di quanto sta avvenendo in queste ore in Russia. Una situazione che, a suo dire, potrebbe evolversi in tempi relativamente brevi con una rapida avanzata dei miliziani capeggiati da Evgeny Prigozhin. “Sono dell’idea – aggiunge – che Mosca possa cadere presto in mano ai miliziani: la città è, infatti, poco protetta perché le truppe sono altrove e per la Wagner non sarà un compito impossibile ‘conquistarla’. Ciò rappresenterebbe un successo dal valore simbolico enorme”. Lo scenario che si sta delineando sposta l’attenzione sugli equilibri interni alla Wagner, alla possibilità che ci siano fattori esterni che stiano ‘pilotando’ le decisioni dei miliziani di marciare verso la capitale.

“Molti si stanno chiedendo se dietro Wagner ci sia qualcos’altro, altre forze che la sostengono in questa vicenda – spiega Margelletti -. A mio modo di vedere c’è solo l’ambizione di Prigozhin, che così come Putin, si sente di avere in mano un destino. Sotto questo aspetto i due si assomigliano molto. Prigozhin vuole suonare la cricca militare che guida le forze armate russe ma non ha mai preso di mira direttamente il presidente”. Per Margelletti “quanto sta avvenendo era atteso. Si capiva dai continui attacchi verbali lanciati da Prigozhin ai vertici militari, la questione non era più ‘se’ ma ‘quando’. E’ presumibile che anche in queste ore il dialogo tra i due principali protagonisti, al netto delle vicende sul campo, stia proseguendo. Non mi stupirei se domani mattina ci svegliassimo con un Putin che governa da San Pietroburgo”, conclude.

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