Se i commercianti pagano anche l’ombra, considerata occupazione del suolo pubblico, perché negare al fisco di bastonare la gentilezza? Le mance vanno considerate a tutti gli effetti come facenti parte del reddito di un lavoratore e, per questo, vanno sottoposte a tassazione. E’ il principio di diritto sancito dalla sezione tributaria della Cassazione, con un’ordinanza depositata giovedi’ scorso nell’ambito di una causa che vede opposti l’Agenzia delle Entrate e un uomo impiegato con mansioni di capo ricevimento in un hotel in Sardegna. La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate e stabilito, anche ripercorrendo i principi gia’ espressi in una sua pronuncia del 2006 – inerente le mance dei croupiers – che “in tema di reddito da lavoro dipendente le erogazioni liberali percepite dal lavoratore dipendente in relazione alla propria attivita’ lavorativa, tra cui le cosiddette mance, rientrano nell’ambito della nozione onnicomprensiva di reddito fissata dall’articolo 51, primo comma, del dpr 917/1986 e sono pertanto soggette a tassazione”.

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