Scoppia caso Crisanti. Il virologo: “Senza me non c’era piano tamponi per tutti. Rischiai denuncia per danno erariale per fare i test. Piano veneto sarebbe stato baggianata”

23 Maggio 2020
Lettura 3 min

di Cassandra – “Cristanti è arrivato dopo”. Questa frase i veneti se la ricorderanno perché l’affermazione di Luca Zaia anziché mettere fine a polemiche o riordinare ruoli e profili degli scienziati che fanno parte del successo veneto, pare aver innescato una nuova mina.

Il virologo in una lunga chiacchierata con l’Adnkronos dà la sua versione dei fatti. “Mi sembra che si stia reinventando la storia per fini propagandistici. Da parte mia in questa squallida polemica non voglio entrarci nemmeno, io faccio il ricercatore”. Andrea Crisanti, responsabile del Laboratorio di Microbiologia e Virologia dell’Azienda ospedaliera di Padova, parlando all’Adnkronos Salute si è infatti detto “veramente amareggiato” per quello che in queste ore è diventato un caso. Una battaglia mediatica che ruota intorno alla ‘paternità’ del modello Veneto sui tamponi per la diagnosi di Covid-19, risultato vincente nella gestione della fase 1 dell’emergenza coronavirus. “I tentativi di appropriarsi di qualcosa di non tuo sono meschini“, osserva Crisanti. “Evidentemente c’è un dividendo politico da incassare”.

Parole di un peso notevole. E che non finiranno qui.

“Ho letto che la dottoressa Russo”, ricostruisce il virologo dell’università di Padova riferendosi a Francesca Russo, capo del Dipartimento di Prevenzione della Regione Veneto, “aveva un piano tamponi il 31 gennaio e questa è una baggianata. Lei questo piano non ce l’aveva, non c’era proprio l’obiettivo di cercare i pazienti asintomatici”, sostiene lo scienziato. Tant’è, riferisce, che “l’8 febbraio il suo Ufficio mi ha impedito di fare i tamponi alle persone che tornavano dalla Cina perché non era previsto dalle linee guida del Governo. Mi hanno anche minacciato di danno erariale”.

La replica della dottoressa Russo.

«Crisanti ha dichiarato di voler fare tamponi ai cinesi attraverso la stampa, non ha mai fatto una richiesta formale» ha replicato a stretto giro Francesca Russo «La notizia l’abbiamo appresa l’11 febbraio da una dichiarazione di Crisanti ai giornali e scrissi io una lettera con Mantoan (direttore Sanità del Veneto, ndr) per chiedere a Crisanti se ci fossero indicazioni ulteriori di cui era in possesso o se era interessato a presentare un progetto di ricerca», riporta Il Messaggero.

Si apre uno scenario quasi surreale.

E il virologo aggiunge. “Poi, presi dal panico, il 21-22 febbraio hanno fatto la scelta giusta” ossia “quella di tamponare bene. Ma non è stata una scelta sistematica – precisa – bensì una cosa occasionale di cui non hanno compreso il significato scientifico ed epidemiologico. Poi – ricorda il virologo – il 27-28 febbraio ho telefonato a Zaia ed è iniziato il vero piano tamponi del Veneto. Possono dire quello che vogliono, ma la realtà è questa”.

E la conclusione è terrificante. “Sono veramente desolato che per fini politici si speculi sulla sofferenza delle persone e di migliaia di morti”.

Ma escono altre prospettive di lettura. E’ il quotidiano Repubblica a citare una corrispondenza.

Eccola.

“Un carteggio datato 11 febbraio fa riferimento all’idea di Crisanti di sottoporre al tampone non solo coloro che mostravano sintomi compatibili con l’infezione, ma tutti coloro che rientravano dalla Cina. “Esistono infatti pazienti asintomatici: portatori sani che pur non mostrando alcun segno della malattia sono stati contagiati e possono contagiare altre persone. Una verifica su tutti i potenziali malati, quindi, sarebbe auspicabile proprio sulla base delle indicazioni della comunità scientifica internazionale”, fa presente il virologo”.

E il quotidiano riporta quella che sarebbe stata la replica della Regione con il direttore della sanità veneta Domenico Mantoan (in quota Lega): “Si chiede di conoscere sulla base di quali indicazioni ministeriali o internazionali si sia ipotizzata tale scelta di sanità pubblica o se il suddetto percorso rientri all’interno di un progetto di ricerca approvato dal Comitato Etico per la Sperimentazione Clinica di riferimento“, si legge nel documento. Il richiamo è al coordinamento centrale, “elemento imprescindibile per la corretta risposta all’emergenza”.

Come la Lombardia, dunque, dalla carte emergerebbe per il Veneto la stessa linea operativa. Seguire le indicazioni della sanità nazionale.

Si precisa poi che “eventuali proposte in ambito assistenziale, discostanti da quanto ad oggi definito, devono essere condivise con la Direzione Prevenzione”. Insomma, la decisione non la prende Crisanti.

“Il documento si chiude facendo riferimento al fatto che una spesa del genere non rientrerebbe tra le prestazioni coperte dalla sanità nazionale”. Esplode la polemica, con il consigliere regionale grillino Jacopo Berti che grida allo scandalo”.

E Repubblica riporta la replica del governatore.

“Premesso che Crisanti è una colonna portante della sanità veneta e ha un grande merito di aver ottimizzato il lavoro del laboratorio che gli compete, nell’analisi del virus, dico che la dottoressa Russo ha per legge l’obbligo e il dovere di redigere i piani di sanità pubblica. Qualsiasi sanitario può esprimere le due considerazioni. Sarà il mio ruolo mettere a posto i cocci di un’ulteriore polemica, ma le polemiche non servono”.

Infine… Zaia prova a metterci una pietra sopra: “Si confonde lo studio di Vo’, cioè la materia scientifica che arriva a fine quarantena, e Crisanti ha avuto una bella intuizione, con il Piano di sanità pubblica del Veneto. Non c’entra niente. È una nobilissima attività di ricerca scientifica. Punto”. E la professoressa Russo puntualizza: “I tamponi a Vò sono costati 150 milioni di euro, messi a disposizione con delibera di Giunta”. Luca Zaia, a fine conferenza stampa, si defila furbamente e dice di voler fare da paciere tra i due fuoriclasse Crisanti e Russo”.

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