A Biella il quarto fumetto in lingua piemontese. L’identità “arma” potente colpisce con arte e satira

13 Ottobre 2023
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di Roberto Gremmo – S’intitola “Biela ‘n mes a le nivole”, viene patrocinato dalla città, è una carrellata sulle ali della fantasia di eventi  avventurosi che hanno per scenario il biellese ed è opera di un gruppo di artisti locali, come i disegnatori Fabio D’Auria, Riccardo Randazzo, Fabrizio Russo, Claudio Stassi, Daniele Statella, Ivan Vitolo, Maurizio Di Vincenzo, Valerio Piccioni, Emiliano Tanzillo, Nicolo’ Santoro, Noemi Rosano e Daniele Statella, coordinati da Fabrizio Lava e Gabriella Bessone.

Una squadra affiatata e vincente, che viene lodata nell’introduzione dal presidente Stefano Allasia e dal consigliere Michele Mosca per aver contribuito col loro lavoro prezioso a “riscoprire il significato e l’essenza della piemontesita’” valorizzando ed attualizzando la nostra lingua regionale, “in tutte le sue forme, dal bieleis al turineis”.

 Per quanto ne so, questo gradevole libretto dovrebbe essere la quarta “bande dessinee” pubblicata in lingua piemontese.

Pionieri nel fumetto in piemonteis sono stati nell’ormai lontano 1979 due artisti della associazione “La Forgia” di Caselle, Ernesto Giacometti e Luigi Manina che s’inventarono il personaggio dell’ingenuo montanaro “Gioanin dla grangia auta” coinvolto in mirabolanti imprese e addirittura finito in mezzo all’invasione dei marziani.

Solo l’anno dopo, quando ebbi la fortuna di scoprire il talento di un giovanissimo Dino Aloi, oggi fra i più noti disegnatori satirici, pubblicammo una “Storia ‘d Pero Micca” con le sue tavole efficaci ed i miei testi in piemontese.

Durante la campagna elettorale, per appoggiare la prima lista autonomista a Torino, pubblicammo un modesto ma graffiante foglio satirico, disegnato quasi tutto da Aloi, dal titolo “MalaMole”, imitazione provinciale e molto campanilista del famoso “Male”.

Dopo qualche anno, il disegnatore di salda fede autonomista Claudio Broglio pubblicò per qualche tempo un altro giornaletto satirico, intitolato “Il muro”, inteso come posto dove esporre idee e progetti, ma anche come barriera ai nemici del Piemonte.

Anche questo durò poco e, comunque, era in italiano.

Arriva ora il libretto biellese. C’è da sperare ne escano altri. Perché la lingua, modernizzandosi, viva.

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