Ursula ed Erdogan. C’è differenza tra isolare una donna in Turchia sul divano del lupanare e sottopagarla in Italia?

8 Aprile 2021
Lettura 2 min

di Stefania Piazzo – Ma cosa ci sorprende del volgare maschilista, primitivo, offensivo, denigratorio misogino violento barbaro, vigliacco, sottaniere gesto di isolare una donna in un vertice tra capi di stato? Erdogan non abita solo in Turchia. E’ il vicino di casa, è il datore di lavoro, è il pregiudizio, è il quotidiano. E’ la tua busta paga. E’ la tua marginalizzazione in politica. E’ non avere ruoli istituzionali. E’ dover ancora parlare di quote per farsi strada?

C’è differenza tra negare il ruolo istituzionale di Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, e il razzismo reddituale che in Italia vede le donne guadagnare meno perché donne? O il vietare subdolamente alle donne l’accesso ai vertici dello Stato? Capaci, intelligenti, ma senza il diritto ad essere retribuite per quanto sanno fare? Avere ministeri di peso senza dover pensare alle correnti? Spiegatemi se esiste una differenza tra l’essere emarginate sul divano (alè, così la cerniera lampo in testa ha sempre fantasie su cui rivolgersi, ndr) e la punizione del reddito o ruolo decisionale più basso rispetto ad un uomo di pari o inferiori mansioni o capacità intellettive e culturali.

Circondati da ometti e donnette, ci si rassegna al livellamento verso il basso della sfera delle competenze. Uomini amici di, donne amiche di.

Ursula era in Turchia col presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ma come tutte le immagini che hanno fatto il giro del mondo, il premier turco le ha offerto il posto più comodo per lupanare.

Siamo agli albori dell’autodeterminazione. Al riscatto pressoché impossibile del riconoscimento dei propri neuroni. Tenute a bada a modica distanza, perché ci è necessario vivere, perché si deve sopravvivere, perché più gestibili e rese miti. Bastone e carota. E coi tempi che corrono mica che ti lamenti pure. Già tanta grazia.

Photo by Katherine Hanlon

Denunce sottovalutate. Processi farsa. Persecutori senza freni. Scusate ma la giornata che tinge tutto di rosso non mi prende, non mi rapisce, non mi coinvolge. Non credo alle operazioni di facciata. L’Italia è un paese culturalmente arretrato. Razzista e persecutore. La violenza sulle donne è l’ultimo tassello di un mondo che vede la donna sempre e comunque dietro. Dietro nella ricerca del lavoro, perché se non dimostri di essere come un uomo non ti puoi affermare. Dietro nel posizionamento sociale, perché la donna deve fare più lavori, la casa, i figli, la famiglia, la carriera. Dietro nella busta paga, perché la retribuzione femminile è sempre meno rispetto a quella degli uomini di pari mansioni. Dietro nei ruoli chiave nelle istituzioni. Perché avrebbe altro da fare, dicono, mentre gli uomini sono più “portati” per le cariche.

E ci stupiamo se ci stuprano, ci ammazzano se alziamo la testa, se rivendichiamo l’autodeterminazione ad essere esseri umani? Davvero crediamo sia un fenomeno di oggi? Davvero pensiamo che prima le donne non venissero ammazzate di botte dentro il caro focolare domestico? Davvero riteniamo che le nostre madri, le nostre nonne, non siano state sottomesse e non abbiano reagito per amore della famiglia e dei figli e per non perdere un tetto? Davvero pensiamo di essere una Repubblica dove tutti sono uguali? O, almeno, con pari opportunità?

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