Ma quale sostituzione etnica, signor ministro! Come diceva il film, Si ringrazia la regione Puglia per averci fornito i milanesi

20 Aprile 2023
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di Cuore Verde – Il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, intervenendo al congresso della Cisal, ha affermato che “Le nascite non si incentivano convincendo le persone a passare più tempo a casa, perché si intensificano i rapporti, come ha sostenuto qualcuno, non è quello il modo. Il modo è costruire un welfare che permetta di lavorare e di avere una famiglia, sostenere le giovani coppie a trovare l’occupazione.  Non possiamo arrenderci all’idea della sostituzione etnica: gli italiani fanno meno figli, quindi li sostituiamo con qualcun altro. Non è quella la strada”. 

Lollobrigida ha poi precisato “Io ritengo l’immigrazione un fatto naturale fisiologico, sono nipote di un emigrante, quindi mi guardo bene dal pensare che l’emigrazione e quindi l’immigrazione siano un problema. Anzi diventano un’opportunità di crescita per una nazione. Se ci sono richieste di forza lavoro, quando hai esaurito la domanda interna, puoi, devi dotare di forza lavoro anche che venga da altre nazioni. Bisogna chiarire che il primo nemico dell’immigrazione regolare, fatta attraverso flussi organizzati, si chiama immigrazione illegale e clandestina, ed e’ una strada che è stata finora percorsa e che noi stiamo provando a cambiare”.

Nel periodo dal 2002 al 2017, gli emigrati dal Sud al Centro e Nord Italia sono stati oltre 2 milioni. Milioni che si vanno sommare agli altri milioni di meridionali che sono emigrati dal dopoguerra nelle città industriali del Nord. Si potrebbe ritenere che, forse, la sostituzione “etnica” è in parte già avvenuta in Padania, come ci ricorda ironicamente il titolo di un film del 1982: Si ringrazia la regione Puglia per averci fornito i milanesi. 

Personalmente, non ho mai pensato ad una Padania improntata sul principio del Blut und Boden(“sangue e suolo”).  Con gli esami del sangue non si va da nessuna parte. Semmai, è un problema culturale. La nostra civiltà occidentale è basata sulla ciclica “rottura” con la tradizione, come spiega chiaramente Gustave Le Bon nella “Psicologia delle Folle” e, in sostanza, anche Erasmo Da Rotterdam nel fondamentale “Elogio della follia”.

Ogni tanto, il nostro “pazzo” spirito barbaro ci impone di ribellarci, sovvertire l’ordine sociale e politico e, infine, attraverso un processo di sintesi, cambiare le regole. Per progredire. La nostra identità di europei occidentali si è formata compiutamente nel medioevo, dopo la fase dei regni appunto cosiddetti “romano-barbarici”. Negli ambienti tradizionalisti ci si illude che “fare tanti figli” e impedire l’aborto possa salvare la civiltà occidentale. La questione viene affrontata da un illusorio punto di vista “zootecnico”.

Ma noi non abbiamo i numeri per creare questi “allevamenti”. E poi, molto semplicemente, tanti uomini e tante donne, in questa condizione moderna, anche di benessere, non vogliono fare figli e non devono certo dare spiegazioni per le loro scelte. Non saprebbero che farsene della “detassazione” per procreare. Per i “conservatori” il problema è quindi “contrastare la denatalità”. In realtà, il genere umano, nel mondo, non è mai stato così prolifico. Entro il giugno di quest’anno, in una competizione dalla quale siamo certamente esclusi, la popolazione dell’India supererà quella della Cina. Qui purtroppo, secondo me, si riscontra una limitata comprensione strategica del fenomeno. 

La vera “mission” politica identitaria dovrebbe essere quella di preservare e tramandare, anche ai nuovi cittadini, la nostra civiltà e la nostra cultura e non quella “zootecnica”, impossibile allo stato attuale dei numeri della statistica demografica mondiale, di perpetuare la nostra “etnia”. Non vorrei essere frainteso.

Personalmente sono per una visione politica sociale, laica, pragmatica ancorché fortemente identitaria. Sono per una concreta visione politica che possa evitare il “suicidio occidentale”, ricordando il titolo di un libro di Federico Rampini. Ma, in questo senso, ritengo banale, semplicistico e fuorviante urlare “NO ALL’IMMIGRAZIONE”, quando poi, nella realtà, nelle fabbriche, nei cantieri, nei ristoranti e nei campi gli immigrati rappresentano una parte cospicua dei lavoratori. Senza parlare delle scuole. Dobbiamo cominciare a pensare, non solo in rapporto all’immigrazione dall’Africa ma anche e soprattutto in rapporto con la Cina, ad un nuovo sincretismo culturale più che ad illusorio programma eugenetico in stile “Progetto Lebensborn”.

In questo momento, tuttavia, il dibattito intorno alla presunta ed asserita identità italiana preferisce concentrarsi sulle soluzioni propagandiste. 

Consiglio come “antidoto” a quelli che, come me, non riescono ad adattarsi a questa imposizione culturale, la lettura dell’interessante libro “Contro l’identità italiana” di Christian Raimo che demolisce  le argomentazioni dell’immaginario ideologico del nazionalismo italiano, rinato anche con l’apporto di un partito come quello della Lega di Salvini che ha sostanzialmente rinnegato le sue radici federaliste e addirittura secessioniste.  

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