Italia una e trina, chi non lo capisce è impotente. Il Nord non ha ancora compreso che dovrà fare i conti con Renzi e Calenda

18 Agosto 2022
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di Sergio Bianchini – Di meridione, sud, mezzogiorno tutti parlano da decenni e tutti nominano e magari si schierano in tifoserie nordiste o sudiste che anch’esse da decenni riempiono il paese.

Ma senza la comprensione che le macroregioni fondamentali sono tre, nord, centro e sud, è impossibile sia comprendere il passato e il presente sia formulare strategie politiche ed economiche di lungo respiro.

Ignorando la trinità tutte le analisi politiche hanno un taglio ideologico e pseudofilosofico. Tipico è il caso della vicenda Berlinguer, figura ultra venerata ma di cui non si comprende il ruolo nella storia italiana. Fu comunista, postcomunista, fedele, apostata, filorusso, filoamericano, visionario, realista?

Fu tutte queste cose ma l’essenza per la vicenda nazionale è un’altra. Berlinguer

, succeduto al piemontese comandante partigiano Longo, operò la gigantesca mutazione di natura e di rotta del PCI. Da partito con il legame preferenziale e strategico con la classe operaia e quindi necessariamente con il nord, spostò la barra sul meridionalismo assieme a figure come Napolitano (di Napoli) e Giorgio Amendola (di Roma) che erano state a lungo minoritarie nel partito comunista.

A partire dagli anni ’70, proprio in seguito alla crisi del sovietismo filorusso tradizionale del PCI divennero gli unici capaci di dare una prospettiva vincente al partito che comunque al nord non era mai riuscito a sfondare.

Che era però predominante dal 1945 nel centro Italia, nelle antiche regioni dello stato pontificio dove raggiungeva da solo percentuali vicine al 50%.

Il rimbalzo del cambiamento di rotta produsse al nord un terrorismo di sinistra durato più di dieci anni. Il centro invece accettò tranquillamente il mutamento di rotta e si costituì così il blocco storico che per 50 anni ha governato l’Italia e costruito lo stato assistenziale oggi vigente.

Ma quella strategia, l’unione di centro e sud, ha generato uno stato ultra assistenziale superiore alle capacità economiche reali del paese. Ha avuto così una condizione di debito e di penuria finanziaria cronica generando una gigantesca pressione sulle risorse finanziarie prodotte dal nord.

Il prelievo incessante, crescente e alla fine abnorme di queste risorse ha impoverito e paralizzato la capacità imprenditoriale del nord senza lanciare alcun tipo di sviluppo nel centro sud.

Adesso la situazione sta precipitando e una svolta reale è necessaria. Ma la lucidità analitica non si vede. Predominano ancora le analisi e le contrapposizioni pseudofilosofiche, pseudopolitiche, pseudomorali. Si sentono le antiche diatribe ed i continui cambiamenti di scenario che assecondano un costante galleggiamento operativo nelle attività di qualunque governo. Un galleggiamento nel quale l’Italia è maestra e che è stato sempre indispensabile per non affogare.

Al nord la consapevolezza dell’esistenza della macroregione centrale è pressochè inesistente eppure è chiarissima la sua particolarità. Renzi vinse il suo referendum solo in Toscana ma lì lo vinse. Le province che oggi i sondaggi danno contendibili sono tutte in Italia centrale.

Renzi, Calenda, Meloni, Letta sono tutti dell’Italia centrale. Una macroregione in fibrillazione dove ormai è maturata la consapevolezza che l’alleanza del centro col sud contro il nord è finita contro un muro e deve essere abbandonata.

Fa quasi pena il povero Conte che non comprende il rapido mutamento delle glorie 5 stelle che sono poi inseparabili dal meridionalismo. Un meridionalismo che senza l’assistenza del centro con i suoi numeri e le sue competenze solo non ha scampo.

Il nord non vede, tende a sentire Renzi e Calenda come due politici inaffidabili ma non comprende le forze profonde di cui sono espressione e con le quali il prossimo governo dovrà fare i conti.

Conti difficili se impostati con schemi filosofici o ideali o morali, ma semplici se visti nell’ottica di una duratura alleanza del nord col centro per rimettere in moto tutto il paese e procedere alla de-meridionalizzazione dello stato.

La de-meridionalizzazione dello stato è indispensabile per creare una vera efficienza dello stato stesso ed anche per far ripartire tutto il sistema trinitario compreso un sud che della meridionalizzazione dello stato è il principale fruitore ma anche la principale vittima.

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