Immigrati, non decide Salvini. Meloni svolta e parla con l’Europa. Lezione su come si diventa leader senza un partito personale

9 Marzo 2023
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di Stefania Piazzo – Il sovranismo è una sacca, anzi, una risacca di lotta e di governo. Confinato ad una linea politica minoritaria sul fronte dell’immigrazione, retaggio di una campagna elettorale con un terzo dei consensi rispetto al socio di maggioranza, che di nome fa Giorgia Meloni. La prima differenza la noti nel filo diretto tra la premier e l’Europa, per trattare sui flussi e l’accoglienza. Poi lo rivedi nella scelta di non dare eco alle uscite del ministro dell’Interno Piantedosi, ex capo di gabinetto di Matteo, non di Giorgia. Infine, nel simbolo stesso del partito, che non porta il nome di un leader ma di un progetto politico. La Lega è la Salvini Premier (quando mai?) mentre Fratelli d’Italia è Fratelli d’Italia, non un partito personale bensì un pezzo di storia che va oltre e si propone nella coerenza di una leader politica, molto politica.

Una differenza sostanziale, che proprio nella forma esalta il risultato. Non si tratta di condividere o meno le idee e la visione di mondo di un partito ma di certo conferma che in politica proporsi come l’uomo solo al comando, intestandosi un intero partito, è roba vecchia e d’altri tempi. La statura non la decide un simbolo col proprio nome stampigliato bensì la capacità di cambiare, di dialogare e spostare l’attenzione da un nazionalismo barricadero al riconquistare una centralità e un ruolo là da dove arriviamo, l’Europa.

Se Meloni vince questa sfida e alza la bandiera inaugurando un corso che fa intravedere il germe di una forza sì conservatrice ma aperta, quello della linea sui migranti può essere la prima avvisaglia di un guardare al centro, mentre la Lega resta dentro l’acquario di una destra di propaganda.

Il vantaggio è che non ci vedono arrivare, ha sottolineato anche Meloni, riprendendo Schlein. Non solo come donne.

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