Chiesa: tradizionalisti e modernisti entrambe sul sentiero del declino

6 Novembre 2020
Lettura 2 min

di Sergio Bianchini – Fa quasi tenerezza lo sbigottimento dei tradizionalisti cattolici difronte alla prepotente avanzata dell’innovazione sia teologica che linguistica e operativa della chiesa cattolica.

Hanno perfettamente ragione, a mio parere, nel dichiarare (vedi Minutella o Viganò) che la leaderschip attuale ha definitivamente abbandonato il solco millenario della chiesa cattolica sull’onda di una ormai totale sintonia con il linguaggio e la visione politica dominante in occidente.

E fa quasi rabbia la scelta della fazione vincente nel presentarsi come una reale e naturale continuazione del discorso cristiano semplicemente adeguato al mutare dei tempi.

Entrambe le parti sono in un vicolo cieco.

La parte tradizionalista che non vuole “adattare” il trascendente alla modernità non sa ancora indicare il suo punto di collegamento necessario con la realtà storica attuale ed in particolare con la situazione organizzativa della chiesa italiana con le sue strutture, la sua presenza costituzionale, le sue finanze. Dovrà trovare questo collegamento. La chiesa “tradizionale “ ha avuto per secoli nella storia europea un collegamento fortissimo con il potere politico fino alla caduta del sacro romano impero. Dopo di allora è stata sulla difensiva difronte all’avanzata della nazione moderna. In Italia nel 1929 trovò un adattamento fondamentale con la realtà dello stato italiano che è ancora la sua principale fonte energetica.

Proprio il discorso sulla nazione ed il suo ruolo nella modernità è l’elemento mancante in entrambe le correnti.

Quella vincente indicando l’ONU come il luogo della suprema regia delle vicende del mondo moderno dà una pertinente collocazione al baricentro del mondo moderno senza sottomettersi ad alcun potere politico. Con la definizione del rapporto global local e dell’umanità come “ famiglia di nazioni” propone una visione assolutamente realistica e ispiratrice di idee positive anche se l’equilibrio tra global e localsi determina non a tavolino ma nella realtà drammatica dello sviluppo ineguale.

L’ala tradizionalista non sembra, pur opponendosi al mondialismo martellante e prepotente oggi dominante in occidente, capace di scegliere la nazione come base del proprio lavoro. Implicitamente lo fa ma non lo dice, né agli altri né a sè stessa.

Le chiese ortodosse sono molto legate invece alle realtà nazionali ed ai poteri civili delle stesse, ai quali si sottomettono senza sforzo, concentrandosi in forme tradizionali sulle tematiche della moralità individuale e familiare.

Forse anche in Italia dovremo vedere il formarsi di una chiesa più nazionale e più attenta alla morale individuale e familiare separata da una chiesa “mondialista” con sede prima spirituale ma poi anche materiale in una cattedrale vicina al palazzo dell’ONU.

D’altra parte i fieri sostenitori della modernizzazione non sentono ancora pienamente l’inversione della curva modernista, soprattutto sul tema della famiglia. L’occidente è in preda al caos esistenziale e l’america del nord ne è la totale perfetta rappresentazione. Il rigetto delle prospettive non più radiose del liberismo e dell’avventurismo esistenziale si sta ampliando a macchia d’olio proprio in occidente ed anche il femminismo è sempre meno autorevole e deve scendere a patti con la sensibilità storica.

Bellissima la considerazione di Viganò sul tardivo entusiasmo dei neocattolici per la modernità in declino quando nel suo scritto del 23 ottobre 2020 dice: “C’è un aspetto quasi grottesco di questo appiattimento della Gerarchia al pensiero mainstream: questa smania di compiacere i suoi persecutori e di rendersi serva dei suoi nemici giunge sempre e comunque in ritardo, fuori tempo, dando l’impressione che i Vescovi siano irrimediabilmente démodé, anzi vintage. Essi lasciano pensare, a chi li vede così entusiasticamente conniventi alla propria estinzione, che questa dimostrazione di cortigiana sottomissione al politically correct nasca non tanto da una vera persuasione ideologica, quanto piuttosto dal terrore di esser spazzati via, di perdere potere, di non avere più quel prestigio che nonostante tutto il mondo ancora riconosce loro. Non si accorgono – o non vogliono ammettere – che il prestigio e l’autorità di cui sono ancora depositari viene loro dall’autorità e dal prestigio della Chiesa di Cristo, e non dalla sua miserabile, pietosa contraffazione della quale essi stessi sono autori.”

Si abbiamo difronte e dentro di noi dei passaggi importanti. Per noi Italiani si accompagnano alla situazione disastrosa del nostro paese a cui solo noi possiamo porre rimedio.

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