Maroni si candida a Sindaco di Varese. Da consigliere si perde il conto delle mozioni che ha presentato

30 Settembre 2020
Lettura 3 min

Lettera aperta a Roberto Maroni

di Laura Aresi – Caro Bobo, apprendo dalla prima pagina della Prealpina di oggi, e con tanto di titolone a piene colonne, il tuo appassionato outing vergato dalla stimata collega Barbara Zanetti con tanto di slogan poetico: Maroni ha “Varese in testa”. La prima pagina, appunto, e mi basta e mi avanza e non andrò oltre per non perder tempo prezioso: ho già inquadrato perfettamente il caso.

In buona sostanza, dando un bel colpo di ramazza alle incertezze degli ultimi mesi, dici di volerti porre alla guida del centrodestra varesino e sciogliendo le riserve, lancia in resta ti candidi sindaco per le amministrative 2021: non senza aver disarcionato, con gesto non propriamente cavalleresco, poco meno di un mese fa, la brava, graziosa e giovane Barbara Bison, già stimato sindaco di Gornate Olona, prescelta dalla prima sezione italiana leghista di piazza del Garibaldino.

Sai Bobo, da un certo verso ti capisco. Alla tua età un coup de foudre può ancora capitare, o meglio un ritorno di fiamma. Varese è tornata improvvisamente ad agitare le tue notti e siccome è una passione viscerale che condividiamo, quella per la Città Giardino, posso immaginare i tuoi sentimenti. Sei stato assessore in giunta Fassa prima di puntare alto, al Parlamento.

Ma non c’eri quel 12 aprile 1984 dal notaio Franca Bellorini fra i sei cavalieri che firmarono la genesi del movimento: me lo conferma una fonte più che attendibile, che era fra i contraenti e della quale sono amica: l’ho sentita poco fa, perché io sono una che, per doppia deformazione professionale – filologica e giornalistica – predilige lavorare con fonti attendibili. Non la nomino perché il codice deontologico, giustamente, mi impone di tutelare le mie fonti.

Allo stesso modo un’altra fonte molto attendibile (ripeto ossessivamente il termine per farti capire come la cosa mi stia a cuore), direi la più attendibile in assoluto che potessi consultare, mi ricorda che tu siedi dal giugno 2016 in consiglio comunale. E che neppure si riesce a tenere di conto il numero di mozioni, interventi che hai profuso nel corso del tempo. Grazie.

Oggi annunci, con dispiegamento di trombe, che inizierai da subito a girare per la Città Giardino ascoltando la gente comune. Un innamoramento in piena regola condito con la promessa di metterti in ascolto dell’amata Varese e di porla sul piedistallo per cinque anni più cinque, anzi di più: di rilanciarla come The Capital of Italia. Eh già. Altro che Padania: negli spazi siderali.

La Varese dei sette Colli, sette come Roma. Palazzo Estense come il Viminale, anzi di più: come Palazzo Chigi, anzi di più: come il Quirinale. Hai fatto bene i tuoi conti. Solo tu avresti potuto, Bobo. Solo tu.

Quando ci si innamora, del resto, non si sta tanto a guardare per il sottile. Si sogna ad occhi aperti, si imbastiscono progetti. A volte si confessa il proprio amore dopo anni, perché prima non si osa. Eh già. Ripassiamo insieme un po’ di lirica d’amore, Bobo: converrà. Jaufré Rudel, l’amore da lontano… Ti sei innamorato di Varese, della Varese di oggi, delle buche nelle strade, del Castello di Belforte che sta per crollare, dei parchetti periferici puzzolenti, dei quattordici cimiteri da riordinare, dei pochi autubus a disposizione degli studenti che fra poco torneranno in didattica a distanza e di tanto altro ancora per sentito dire, giacché a girare Varese nelle sue criticità prima di stamattina, francamente, non ti abbiamo visto mai.

Ma neanche accanto alle sue bellezze, alle sue infinite bellezze recondite, di anima bella e schiva, quale è appunto il volto femminile nascosto di Varese. Alla sua storia. Negli archivi, nei musei, nelle chiese… ci vai in chiesa, Bobo? Sai che Varese è molto pia. Esageratamente.

Bobo, ascoltami bene. So cosa provi, l’ho perfettamente capito: ma lascia perdere.
Non illudere la mia città per un capriccio personale. Non illuderla e… non illuderti.
Non servono grandi nomi e grandi favole in questo momento. Servono concretezza, manodopera di piccolo cabotaggio. Umiltà, servizio, dedizione: cose così. Magari anche qualche fanciulla operosa che lavori nelle retrovie spinta dalla solita passione civica di sempre, perché non le piace apparire: proprio come Varese.

Qui le scope le sappiamo usare anche noi e non abbiamo bisogno nemmeno di pagare una domestica che le brandisca al posto nostro. Lascia perdere, dunque, e punta a cose della tua portata: a Milano, ad esempio. Lì forse Salvini, che di questa tua affettuosa relazione con Varese non ne sapeva niente, ti può dare ancora una mano. Qui ora serviresti solo a cementare un centrodestra alla frutta e a fare da specchietto per le allodole per dieci anni di mortorio che potresti goderti in barca a vela: e l’età pensionabile l’hai raggiunta da un pezzo.

Te lo dico col cuore in mano, perché amo Varese e in un certo senso mi ci identifico pure. Persino Giuseppe Leoni, con cui ho scambiato di recente due parole a Bosto, ora si dedica all’arte sacra. Fai altro, gioca a burraco, fai il padre nobile di una Lega devastata e che sta colando sempre di più a picco. Ma lascia perdere i bosini. Sono gente difficile, laboriosa, onesta, rispettosa dei codici della cortesia.


Sai, un mio amico, tempo fa, quando mi firmavo con il nome che oggi preferisco lasciare nel cassetto dei ricordi per troppe ragioni, mi definì la Voce di Varese.
Lo avevo aiutato in campagna elettorale dopo una grande delusione politica in salsa padana. E non gli era nemmeno andata così male.

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Direttrice: Stefania Piazzo
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