Covid, la Finlandia per salvare occupazione riduce l’orario di lavoro: 4 giorni a settimana,6 ore al giorno

17 Marzo 2021
Lettura 2 min

di Marcus Dardi – Un numero sempre più crescente di aziende è a rischio chiusura. Le stime parlano di un numero che supera il mezzo milione di aziende con gravissimi danni sull’occupazione.

La crisi pandemica ci porterà, quasi sicuramente, chi prima e chi dopo, a rivedere le dinamiche del mercato del lavoro.

In Europa c’è già chi ha una visione lungimirante nell’affrontare questo problema.

Recentemente la premier socialdemocratica Finlandese, Sanna Marin, ha proposto di ridurre l’orario di lavoro a 4 giorni alla settimana per sei ore al giorno.

24 ore alla settimana per avere più tempo per sé stessi, per dedicarsi di più alla famiglia, alle proprie passioni e accrescere la propria cultura, oppure anche solo per oziare, che male c’è?

Facciamo un po’ di storia

La definizione ufficiale dell’orario di lavoro è la seguente:

«qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni.»

In Italia dal 1925 è sancita per un massimo di: 8 ore giornaliere e 48 ore settimanali, con un massimo di 2 ore di straordinario giornaliero per un massimo di 12 ore settimanali.

Ciò non vale per le posizioni manageriali e di supervisione che non hanno limiti.

Alla fine dell’800 quando la rivoluzione industriale, iniziata però a fine ‘700 in Inghilterra, divenne matura anche in Italia, nelle filande, le aziende più diffuse del tempo, si lavorava per 16 ore al giorno.

Il lavoro più duro lo svolgevano le donne che dovevano sbobinare i bachi immersi in vasche di acqua bollente.

Nel 1899 venne introdotta una legge migliorativa che fissava ad un massimo di 12 ore il lavoro con l’esclusione dal lavoro notturno per le donne e i ragazzi dai 13 ai 15 anni.

Nei primi del ‘900, quando c’erano ancora i veri socialisti, a Torino vi furono diversi scontri sociali per ridurre l’orario di lavoro a 10 ore giornaliere.

Naturalmente il padronato tutto, perseverando lo stile neoclassico dell’economia basata sullo sfruttamento delle masse, gridava allo scandalo denunciando l’aumento dei costi di produzione.

Come motto per conquistare le otto ore di lavoro giornaliere vi fu una canzone che diceva così “Se otto ore vi sembran poche provate voi a lavorar e proverete la differenza di lavorare e di comandar”.

L’accordo per le 48 ore viene stipulato il 20 febbraio 1919 per il settore metalmeccanico.

Con il Regio Decreto 692 del 1923 (convertito in legge 473 il 17/4/1925) si estende a tutte le categorie l’orario di lavoro massimo di 8 ore giornaliere o 48 settimanali.

Giovanni Agnelli, preoccupato da una crescente disoccupazione, in un intervista all’agenzia di stampa USA United Press, nel lontano 1932 disse “La riduzione proporzionale e generale delle ore di lavoro risolve il problema di distribuire il lavoro equamente fra tutti gli uomini”. Agnelli conveniva che con l’aumento della tecnologia si potevano produrre gli stessi beni sempre con meno lavoratori e che quindi per evitare la disoccupazione ciascun lavoratore avrebbe dovuto lavorare meno ore.

Nel 1973 verrà introdotta in Italia la settimana di 40 ore con il sabato libero.

Nel 1997 si incomincia a parlare, grazie a Rifondazione Comunista, di un orario di lavoro di 35 ore alla settimana. Ma il progetto è stato prima boicottato e poi dimenticato.

Nel 2015 a Gotheborg, in Svezia, vi fu un esperimento riuscitissimo.

Nelle case di riposo e nell’ospedale municipale fu ridotto l’orario di lavoro a sei ore al giorno senza variazione di stipendio. Bene i risultati sono stati sorprendenti, meno ore di malattia, più entrate fiscali dovute all’assunzione di più personale, meno disoccupati e lavoratori più felici.

Oggi nel XXI secolo, con una tecnologia ancor più elevata di quella del 1973 e con una disoccupazione alle stelle, si potrebbe davvero ridurre l’orario di lavoro con la possibilità, per molte persone, di lavorare sempre più, in remoto, da casa.

Sarà assurdo, a pandemia finita, spendere ancora dalle 2 alle 4 ore al giorno di tempo per recarsi in ufficio, dove ci si arriva già stanchi e stressati.

La flessibilità dell’orario di lavoro inoltre, per molte professioni, dovrebbe andare a vantaggio del lavoratore che dovrebbe poter avere la possibilità di gestire il tetto massimo di ore lavorate come meglio crede, in base alle sue necessità personali.

Photo by Tapio Haaja

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