Terza Guerra Mondiale, Finlandia nella Nato? Siamo entrati in un banco di nebbia della storia

16 Aprile 2022
Lettura 3 min

di Luigi Basso – Negli ultimi giorni il Governo Finlandese ha annunciato l’intenzione di entrare nella NATO.

In proposito gli italiani sono in maggioranza propensi a credere che la neutralità militare della Finlandia sia dovuta, nell’ordine: 1) al fatto che in Finlandia vivono le renne che sono molto amiche di Babbo Natale ; 2) al fatto che le bellissime finlandesi sono refrattarie alla guerra e non permetterebbero a figli e mariti di dedicarsi alle armi; 3) al fatto che il Paese dei laghi è di una tale bellezza che l’indole pacifica dei suoi abitanti ne è una logica conseguenza: come potrebbe venire in mente a un finnico di lasciare i suoi laghi per fare il militare in giro per il mondo?

Naturalmente l’opinione italica è stata inculcata da decenni di informazione mass mediatica che, invece di fornire dati, preferisce elaborare cliché e stereotipi e, in definitiva, fa solo propaganda.

In realtà la neutralità fu imposta alla Finlandia nel 1947 all’interno di una serie di altre misure, perché nella Seconda Guerra Mondiale Helsinki era alleata e amica di un certo signore di nome Adolf Hitler.

La vicenda attuale diviene così paradigmatica della complessità della situazione e per questo vale la pena analizzarla.

Alla luce dei Trattati Internazionali in vigore, Helsinki non potrebbe ovviamente entrare nella NATO.

Infatti la Finlandia ha perso la Seconda Guerra Mondiale, in quanto alleata della Germania Nazista nell’invasione dell’Unione Sovietica nell’ambito dell’operazione Barbarossa e, alla Conferenza di Pace di Parigi, gli Alleati e l’Unione Sovietica, da un lato, pattuirono con la Finlandia, dall’altro lato, che i finnici non avrebbero più potuto riarmarsi (se non con un piccolo contingente), che non avrebbero potuto avere relazioni militari con la Germania; che sarebbero rimasti neutrali.

L’ingresso della Finlandia nella NATO, senza la modifica concorde da parte di tutti i contraenti del Trattato di Parigi, è dunque una violazione del Diritto Internazionale.

Sennonché la situazione è complicata da almeno due fattori.

Il primo è che la Finlandia, facendo parte dell’UE, in realtà ha già da vent’anni un Trattato di cooperazione con la NATO: gli Accordi di Berlino Plus del 2003 che hanno giustappunto sancito un raccordo operativo e strategico tra UE e NATO.

Formalmente (de iure), certo, la Finlandia non fa parte della NATO, ma sostanzialmente (de facto) sì, e da tempo.

Il secondo fattore di complicazione è che i Trattati Internazionali fotografano una determinata situazione geopolitica che tuttavia è destinata ad evolversi dinanzi a mutamenti dei rapporti di forza tra gli originari contraenti: i confini in tempo di pace altro non sono che Fronti di Guerra che si stabilizzano per un tempo più o meno lungo.

Qui risiede il vero nodo dell’attuale situazione.

Infatti, dalla caduta del Muro di Berlino, si è assistito ad una progressiva trasformazione della situazione geopolitica europea così come era uscita fotografata dai Trattati di Parigi del 1947: la Russia, succeduta all’Unione Sovietica, non era più ritenuta (a torto o a ragione) un attore di “prima fascia”, ma si riteneva a Ovest che avesse perso potenza e che il suo ruolo dovesse essere ridimensionato.

Un esempio lampante di tale opinione occidentale è costituita dalla vicenda tedesca.

Nel 1990, subito dopo la caduta del Muro di Berlino e poco prima della Riunificazione delle due Germanie, si giunse alla stipula del Trattato “2+4” tra Germania (dell’Est e dell’Ovest) e le quattro potenze vincitrici della seconda guerra mondiale: fino a quel momento, infatti, la Germania non aveva stipulato alcuna pace dopo la sconfitta, dal momento che non fu neppure ammessa alla Conferenza di Parigi: nessun tedesco avrebbe neppure potuto sedersi ad un tavolo di Pace dopo che la terribile avventura nazista aveva squalificato la Germania dal consesso degli Stati degni di questo nome.

Nel 1990, dunque, con il Trattato 2+4 (2 Germanie + 4 vincitori) si stabilì un tetto massimo all’esercito tedesco e si stabilì che il territorio della Germania dell’Est non avrebbe potuto ospitare truppe o installazioni NATO: oggi i tedeschi pretendono di riarmarsi e a Lipsia e Dresda atterrano aerei NATO da anni.

Gli Occidentali hanno continuato questa azione nel corso degli anni, portando dapprima alla nascita della UE estesa ai Paesi dell’Est, poi agli Accordi di Berlino Plus tra UE e NATO, per proseguire infine con l’adesione alla NATO di Paesi dell’Europa Orientale confinanti direttamente con la Russia.

Questa nuova situazione geopolitica, tuttavia, confligge platealmente con l’ordine uscito dalla seconda guerra mondiale attraverso i Trattati di Pace che formalmente sono ancora in vigore.

La situazione de facto, in parole povere, non corrisponde a quella de iure e viceversa.

Alla luce della prassi internazionale e della storia esistono tre sole soluzioni pacifiche per risolvere l’impasse.

O le parti interessate modificano i Trattati in modo da farli corrispondere alla nuova realtà oppure riportano la situazione di fatto alla disciplina pattizia oppure trovano una via di mezzo tra le prime due.

In caso contrario, non resta che farsi la guerra al termine della quale si arriverà ad una delle tre soluzioni sopra indicate.

A complicare il quadro, poi, occorre considerare l’apparire sulla scena internazionale della Cina, che a Parigi, nel 47 fu una comparsa, ma che oggi reclama quel posto al sole che l’Occidente non è disposto a riconoscerle sul piano geopolitico.

Insomma, gli ingredienti di una lunga guerra ci sono tutti: siamo entrati in un banco di nebbia della storia al termine del quale il Mondo di ieri non esisterà più, ma nessuno sa cosa troveremo dopo.

Parlare di torti e ragioni in questo contesto storico è semplicemente irrilevante ed inutile.

Sappiamo che chi vincerà la guerra avrà ragione e gli sconfitti avranno avuto torto.

Foto di Ilkka Kärkkäinen

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