Coldiretti: Riconoscere Sputnik, usato dal 50% dei lavoratori stranieri

21 Gennaio 2022
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 “La prova dell’efficacia del vaccinS sputnik e’ importante per accelerare il riconoscimento in Italia in una situazione in cui quasi un lavoratore agricolo straniero su due proviene da paesi in cui e’ utilizzato. E’ quanto afferma la Coldiretti in riferimento ai risultati degli esperimenti, condotti in collaborazione tra istituto Spallanzani e istituto Gamaleya che hanno documentato che oltre il 70% delle persone vaccinate con sputnik v mantengono un’attivita’ neutralizzante contro omicron”, informa un comunicato della coldiretti.

“Un risultato importante per arrivare presto al riconoscimento del siero per l’ottenimento del green pass e garantire la regolarita’ dell’attivita’ nelle campagne dove un prodotto agricolo su quattro viene raccolto in Italia da mani straniere con 358mila lavoratori provenienti da ben 164 paesi diversi che hanno trovato regolarmente occupazione in agricoltura, fornendo piu’ del 29% del totale delle giornate di lavoro necessarie al settore, secondo il dossier di Idos al quale ha collaborato la Coldiretti. molti braccianti provenienti da paesi extracomunitari non possono attraversare le frontiere per lavorare in Italia in quanto sono vaccinati con il siero russo Sputnik o con quello cinese Sinovac, che non sono riconosciuti in Italia ed in Europa”, prosegue Coldiretti.

“Si tratta soprattutto di lavoratori dipendenti a tempo determinato che arrivano dall’estero e che ogni anno attraversano il confine per un lavoro stagionale per poi tornare nel proprio paese, spesso stabilendo delle durature relazioni professionali oltre che di amicizia con gli imprenditori agricoli. ma per salvare le nostre produzioni occorre anche dare la possibilita’ a percettori di ammortizzatori sociali, studenti e pensionati italiani di poter essere impiegati nei campi attraverso una radicale semplificazione del lavoro agricolo. un provvedimento che interesserebbe almeno 25mila italiani in un momento in cui tanti lavoratori sono in cassa integrazione e le fasce piu’ deboli della popolazione sono in difficolta’”, conclude la Coldiretti. 

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