Bar e ristoranti chiusi a Natale? Crisi costa 7 miliardi, 60mila imprese e 300mila posti a rischio

2 Dicembre 2020
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La goccia che ha fatto traboccare il vaso è sentire che bisognerebbe chiudere i ristoranti a pranzo il giorno di Natale e di Santo Stefano. Non ha nessuna logica”.

E’ lo sfogo del direttore generale di FIPE-Confcommercio Roberto Calugi all’Adnkronos in merito alle indiscrezioni di stampa sulle restrizioni che dovrebbero essere contenute nel nuovo Dpcm. Proprio oggi la FIPE ha pubblicato una lettera aperta a tutta la politica italiana sul ‘Corriere della Sera’ per esprimere “la disperazione di un settore al collasso” e lanciare il “grido dei pubblici esercizi italiani”.

“Non si comprende per qual motivo si può andare in un centro commerciale il 24 dicembre che, non me ne vogliano gli altri esercenti, temo sarà abbastanza affollato e non si può stare magari in quattro a tavola al ristorante il giorno di Natale” prosegue il direttore di FIPE.

“Mentre saremo tutti in famiglia a Natale nelle case, magari in dieci persone. Almeno in un ristorante ci potrebbe essere un presidio maggiore. Ci devono spiegare il motivo di questa misura. – insiste Calugi – A me sembra un accanimento terapeutico perché quando abbiamo riaperto il 18 maggio, dopo il lockdown, non mi sembra che ci sia stato un picco pandemico a giugno e a luglio”. “Noi siamo pronti a fare la nostra parte per carità, – conclude il rappresentante di bar e ristoranti – non viviamo su Marte e vediamo che ci sono 500-600 decessi al giorno ma i problemi sono riconducibili a diversi fattori, come al trasporto pubblico. Se è così allora bisogna chiudere tutto”.

A rischio ci sono 60mila imprese e 300mila posti di lavoro, ricorda Fipe. E le ulteriori restrizioni costano 7 miliardi di euro a bar e ristoranti.

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