Le banche si “comprano” lo Stato? Sale la dipendenza verso gli istituti di credito. Dossier choc di Unimpresa

2 Dicembre 2020
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Un interessante studio di Unimpresa espone i dati sull’acquisto di titoli di debito pubblico da parte delle banche italiane. La massa “critica” è importante, tanto da porre una domanda. Quale potere di contrattazione può avere un creditore così importante verso chi governa? Pubblichiamo integralmente il report.

Sale la dipendenza dello Stato dalle banche del Paese: il debito pubblico sottoscritto dagli istituti di credito italiani vale, oggi, 372 miliardi di euro, il 18% in più rispetto ai 315 miliardi di inizio 2020. Bot e btp pesano per l’11% sul totale degli “attivi” nei bilanci del settore bancario, una percentuale record negli ultimi otto anni (il livello più basso nel 2017 con l’8,5%). Nel corso del 2020 è costantemente aumentata la quota di titoli di Stato del nostro Paese “in mano” alle banche, che hanno sostenuto le esigenze di liquidità del Tesoro durante la pandemia da Covid-19: da gennaio a settembre si è registrata una crescita di 56 miliardi.

A fronte di quasi 400 miliardi di titoli pubblici in portafoglio, le banche hanno “venduto” sul mercato, negli ultimi anni, per finanziarsi, 281 miliardi di loro obbligazioni, delle quali 36 miliardi corrispondono a emissioni subordinate, cioè la categoria “a rischio” di azzeramento, secondo la direttiva europea sui salvataggi bancari, in caso di dissesti: le famiglie hanno comprato, complessivamente, 54 miliardi di bond bancari e, di questi, 8 miliardi sono “subordinati”.

Questi i dati principali di un’analisi del Centro studi di Unimpresa sugli acquisti di titoli di Stato delle banche e sulle emissioni obbligazionarie del settore bancario, secondo la quale i titoli pubblici sottoscritti dalle banche italiane corrispondono all’11% dei loro attivi di bilancio, percentuale assai più alta rispetto alla media dell’area euro: nei portafogli degli istituti dell’eurozona, infatti, il debito pubblico dei rispettivi paesi pesa per il 3,5%. «Lo sforzo del settore bancario per sostenere una fase complessa della nostra economia è stato notevole e pure apprezzabile.

Tuttavia, esistono evidenti e preoccupanti squilibri di cui non si riescono a calcolare, in questo momento, gli effetti di medio-lungo periodo, sull’economia reale, sul risparmio» commenta il vicepresidente di Unimpresa, Giuseppe Spadafora.

«Ma soprattutto ci preoccupa il potere che le banche comprano nel momento stesso in cui sottoscrivono quote aggiuntive di debito pubblico, con la scusa di sostenere le esigenze di liquidità del Tesoro. I big del credito acquistano un enorme potere contrattuale nei confronti dello Stato italiano, ma noi non sappiamo come lo negozieranno in futuro e, soprattutto, con quali effetti sull’economia reale, in particolare sulle piccole e medie imprese» osserva ancora Spadafora.

Secondo l’analisi del Centro studi di Unimpresa, che ha elaborato dati della Banca d’Italia, a settembre 2020 il debito pubblico detenuto dalle banche ammontava a 372,5 miliardi, in crescita di 56,7 miliardi (+18,0%) rispetto a gennaio scorso. Tra il 2012 e il 2020 (settembre), si è registrata una crescita di 49,8 miliardi (+15,4%); negli ultimi otto anni, il livello più basso di sottoscrizioni di bot e btp da parte degli istituti è stato toccato nel 2017 con 283,7 miliardi, pari all’8,5% degli attivi. Percentuale che oggi è a livelli record, 11,0%, lo stesso livello massimo raggiunto nel 2014 con 383 miliardi di debito pubblico nei portafogli degli istituti. Tali percentuali sono assai più elevate di quelle osservate nell’area euro: la quota di debito pubblico dei propri paesi sottoscritto dalle banche dell’eurozona, infatti, corrisponde, oggi, al 3,5% degli attivi (settembre 2020), era al 3,8% nel 2012, al 4,4% (livello più alto) nel 2014. (…)

In relazione ai rischi derivanti dal tipo di emissioni obbligazionarie, sono le famiglie la categoria maggiormente esposta agli eventuali effetti dell’applicazione delle regole europee sulle risoluzioni bancarie. Gli 8,2 miliardi di bond subordinati acquistati dal comparto retail corrispondono al 15,1% del totale delle emissioni sottoscritte: si tratta della percentuale più alta: la quota di subordinate “in mano” fondi, assicurazioni e imprese è pari al 14,5% (25,5 miliardi su 176,2 miliardi); le stesse banche sembrano avere un atteggiamento assai più prudente considerando che è pari al 3,8% la quota di subordinati acquistati da istituti concorrenti (1,1 miliardi su 27,4 miliardi) e al 4,7% quella di istituti dello stesso gruppo dell’emittente (1,1 miliardi su 23,6 miliardi). In totale, i bond subordinati (35,9 miliardi) valgono il 12,8% del totale delle obbligazioni bancarie in circolazione (281,8 miliardi). (Documento integrale su https://www.unimpresa.it/banche-unimpresa-record-acquisti-bot-e-btp-in-2020-56-miliardi-18/39001)

Photo by Tom Roberts 

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