L’inflazione europea non si cura a colpi di costo del denaro alle stelle. Bce ci sta scavando la fossa?

30 Giugno 2023
Lettura 2 min

di Gigi Cabrino – L’aumento dei tassi di interesse da parte della Banca centrale come misura di contrasto all’inflazione è una risposta da manuale di economia; uno studente di ragioneria delle superiori studia che quando l’inflazione sale si aumenta il costo del denaro per frenare l’ascesa dei prezzi.

Allora perché tante critiche alle mosse della presidente della BCE Lagarde degli ultimi mesi?

Non starebbe agendo come si deve agire in caso di forte inflazione?

Il fatto è che nella stragrande maggioranza dei casi l’inflazione si presenta come “inflazione da domanda”, famiglie ed imprese che chiedono beni di consumo in quantità crescente sostenuti, anche, da una certa disponibilità di reddito e da una buona capacità di risparmio; la situazione, per intenderci, degli anni del boom economico fino agli anni ’80 del secolo scorso, con economia in crescita, aziende vivaci, occupazione a livelli alti e per lo più stabile con buone retribuzioni; una situazione, quindi , che spinge la propensione al consumo ed ha come conseguenza l’aumento dei prezzi; insomma un “effetto collaterale” di una buona situazione economica e lavorativa.

E’ ciò che si sta verificando, con le dovute differenze, negli USA dove la Federal Reserve procede da mesi a progressivi rialzi del costo del denaro.

La BCE segue a ruota il gigante di oltreoceano ma la situazione europea è totalmente diversa.

L’inflazione che stiamo conoscendo da quasi due anni rappresenta uno dei pochi casi di inflazione dovuta alla scarsità di materie prime; con la ripresa post COVID le materie prime, quelle energetiche in particolare ma non solo, hanno scarseggiato mettendo in difficoltà i sistemi industriali ed agricoli; i prezzi dei prodotti hanno iniziato ad aumentare non per la forte domanda dei consumatori ma per gli elevati costi di produzione e la situazione è precipitata con la guerra russo ucraina che ha fatto schizzare alle stelle i costi energetici.

In questo contesti i salari sono rimasti fermi – dall’introduzione della moneta unica non si è più potuto svalutare la moneta per favorire le esportazioni e si sono svalutati i salari per restare competitivi  – e l’aumento dei prezzi ha minato le capacità di acquisti e di risparmio delle famiglie.

L’aumento del costo del denaro, in questo particolare tipo di inflazione non solo non produce effetti se non limitati ma aggrava i bilanci delle famiglie che , se indebitate a tasso variabile – soluzione andata per la maggiore negli anni dei “tassi zero” della BCE – si sono trovate cospicui aumenti non solo dei beni di consumo, dei servizi e delle bollette ma anche delle rate del mutuo.

Viviamo un periodo di inflazione che esce dagli schemi classici in cui si può frenare la corsa dei prezzi con un aumento del costo del denaro.

Il paradosso di tutta questa situazione è che a fare le spese di questa situazione ci sia anche la Germania che, per ragioni storiche, è una delle potenze sostenitrici dell’alto costo del denaro sempre e  comunque.

L’aumento dei tasi BCE, infatti, ha avuto la conseguenza di fare scendere il prezzo dei titoli di stato europei, e del bund tedesco in particolare; la Bundesbank ha “in pancia” miliardi di titoli di stato e la sua situazione patrimoniale si è andata, così, ad alleggerire, sollecitando , cosa quasi mai successa,  la corte dei conti tedesca a suggerire alla banca centrale tedesca una ricapitalizzazione.

Se da un lato si deve onestamente ammettere che la politica dei tassi zero non poteva continuare all’infinito per la BCE, dall’altro si deve con la stessa onestà ammettere che i repentini aumenti del costo del denaro di questi mesi non hanno rallentato molto l’inflazione.

E’ vero, eravamo abituati a Mario Draghi che con una sola frase detta al momento giusto ha bloccato le speculazioni sull’euro – il famoso “whatever it takes”- e non possiamo chiedere tanto a Cristine Lagarde; ma forse potremmo sperare in una qualche riconsiderazione delle ultime mosse e in una prudenza sugli annunci per i prossimi mesi quando tutto sembra sconfessare la sua linea .


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