Il rapper spagnolo Pablo Hasel è stato arrestato. Condannato a nove mesi di carcere per tweet e canzoni in cui criticava la famiglia reale spagnola e le forze dell’ordine, è diventato protagonista di un acceso dibattito sulla libertà di espressione. Le accuse per lui sono ‘glorificazione del terrorismo’ e insulti alla monarchia. Da Javier Bardem a Pedro Almodovar, oltre 200 artisti si sono schierati contro la sua incarcerazione, sottoscrivendo una petizione, e da giorni murales che ritraggono il rapper fioriscono per le strade del Paese. “Rappare non è reato, twittare non è terrorismo”, afferma Amnesty International.
Nei tweet incriminati, l’artista 32enne aveva accusato re Felipe VI e il padre Juan Carlos di diversi crimini e aveva definito le forze dell’ordine spagnole dei “mercenari”, accusandole di tortura e omicidi. Lui, sostenitore della causa dell’indipendenza catalana, aveva inoltre espresso sostegno per Victoria Gomez, membro del gruppo marxista fuori legge Grapo.
L’arresto è giunto dopo che Hasel si era barricato per circa 24 ore con una cinquantina di sostenitori all’interno dell’università di Lleida, in Catalogna. Intorno alle 6.30 di martedì mattina i Mossos d’Esquadra, in tenuta anti-sommossa, sono entrati nell’ateneo e hanno scortato fuori il cantante. “Vinceremo, non ci piegheranno con tutta la loro repressione, mai”, ha assicurato lui rivolgendosi alle telecamere delle tv.
Pablo Rivadulla Duro, questo il vero nome dell’artista, avrebbe dovuto consegnarsi volontariamente in carcere entro venerdì, ma non lo aveva fatto; lunedì, allora, la Audiencia Nacional ha emesso un mandato d’arresto a suo carico. Lui, a quel punto, si è barricato nell’università di Lleida, sia per sfuggire all’arresto sia per attirare l’attenzione su quella che definisce, appunto, una battaglia per la libertà di espressione.
La questione imbarazza la coalizione di sinistra al governo, e in particolare il Partito socialista. Tanto che la scorsa settimana, pur senza citare espressamente Hasel, l’esecutivo ha promesso una riforma del codice penale, affinché gli “eccessi verbali nell’ambito di manifestazioni artistiche, culturali o intellettuali” non costituiscano più reato e non portino a pene detentive.
La proposta, tuttavia, è stata respinta dall’opposizione conservatrice del Partito popolare e dall’estrema destra di Vox. Intanto Unidas Podemos ha annunciato che presenterà al ministero della Giustizia una richiesta di indulto per Hasel: “Non può essere normalità democratica il fatto che, mentre si chiude l’indagine per presunta corruzione nella monarchia, si mette in carcere chi la critica con delle canzoni”.
L’arresto è “una notizia terribile per la libertà di espressione in Spagna”, ha twittato Amnesty International, esprimendo “indignazione assoluta” e chiedendo una “riforma urgente del codice penale affinché nessuno venga più condannato solo per essersi espresso”.
E ha aggiunto: “Tutti hanno diritto a cantare o twittare senza paura”. Hasel era già stato ritenuto colpevole di ‘glorificazione del terrorismo’ in un caso separato nel 2014, ma quella pena detentiva era stata sospesa nel 2019 a condizione che non ci sarebbe stata una recidiva nel corso dei tre anni successivi. Non è il primo cantante a trovarsi in questa situazione: nel 2018 al rapper Valtònyc furono imposti tre anni e mezzo di carcere in Spagna, ma lui fuggì in Belgio e la richiesta di estradizione fu respinta.