di Cuore Verde – La “turistificazione” è la conseguenza della trasformazione e dell’intenso sfruttamento di una “località turistica” per soddisfare soprattutto i bisogni e le esigenze del turista spesso stravolgendo le caratteristiche peculiari ed originali del territorio. La riduzione della “località turistica” ad un prodotto di consumo come quelli che troviamo sugli scaffali del supermercato. Intendiamoci, a fronte di una minoranza molto sensibile, per molti la “località turistica”, anche di alto valore storico e culturale, è poco più che una cornice per un selfie da inviare compulsivamente ad amici e parenti. Come scrive Bauman, il tracciamento della propria esistenza. Non è un giudizio ma una banale constatazione. In questi giorni, il dibattito è stato riproposto dallo scrittore Maurizio Maggiani da sempre critico nei confronti dello sfruttamento turistico intensivo delle Cinque Terre
Difficile rivivere le atmosfere delle solitarie passeggiate di Lord Byron. In questo fenomeno ricomprendo anche quella che personalmente definisco la “natura turistica”. Una natura che deve adattarsi al turista. Purtroppo, il tragico caso del runner ucciso dall’orso ripropone la questione dei limiti a questa fruizione. L’orso è un orso e si comporta da orso. Non tutto può essere “turistificato”. Certo, i limiti possono comportare una riduzione del consumo del prodotto turistico e dei relativi profitti. Si possono imporre leggi e regolamenti ma, come evidenzia Maggiani, “c’è un grosso ostacolo, e non è burocratico. Quando hai imparato a fare soldi in quel modo, affittando camere oppure con una ristorazione a ritmo frenetico che conta su un ricambio giornaliero della clientela, è molto difficile smettere.” Ma, soprattutto, per citareCorrado Del Bò, professore ordinario di Filosofia del diritto a Bergamo, la “turistificazione, ossia la sostituzione di una comunità con una ” non comunità” è un processo difficilmente reversibile”. Spettatori di quest’epoca, forse, non possiamo farci proprio niente.