di Stefania Piazzo – Ha detto la verità il capo dello Stato nell’affermare che le pari opportunità e il rispetto di pari diritti tra uomo e donna sono solo ancora sulla carta, nella Costituzione. E’ il primo presidente che lo sancisce con autorevolezza. Ma di opere incompiute è piena la carta suprema. Le autonomie, le regioni, formali suddivisioni geografiche, sono come sempre enunciate con le loro potenziali risorse, ma ancora non hanno anima.
Il diritto al lavoro è un restate a casa e perdete il lavoro per i dipendenti privati e lavorate da casa in smart working se siete insegnanti, statali, dipendenti pubblici e nessuno vi toccherà un euro.
La pandemia ci ha ricordato che siamo cittadini a metà. Metà diritti, o anche nessuno.
Ma ce lo continuiamo a ripetere e sentiamo l’eco della parola riforme da che siamo nati. Così pure che siamo tutti a favore della famiglia e dei figli poi però non sai dove mettere il pupo, pochi asili, rette salatissime, un invito alla desertificazione demografica.
La cultura politica è preoccupata di sviluppare la conservazione dei diritti acquisiti di chi sta bene. Si commissaria di continuo la sanità delle regioni meridionali, si chiude un occhio sul reddito di cittadinanza che è preda ormai facile per mafiosi in carcere, giocatori d’azzardo e altre categorie esemplari. E avanti così.
E’ il Paese del non fare che celebra continuamente se stesso. Come oggi. Una festa che dovrebbe essere, anno dopo anno, la conferma di conquiste sociali e di giustizia sociale, di processi giusti e rapidi, ragionevoli. Di femminicidi in calo, di morti bianche in discesa. Invece ogni anno lo spaccato è quello della storia di Pinocchio. La menzogna come metodo, le promesse come sistema. Che disastro. Un anno in Tibet non basterebbe per riprendere fiato. Però adesso siamo tra il bianco e il giallo e si torna a sperare. Chi vive sperando muore cantando.
Photo by Atish Sewmangel