La lettera dei dipendenti del Trivulzio. Continua il braccio di ferro tra accuse e smentite

16 Aprile 2020
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Arriva in redazione il “COMUNICATO DEI DIPENDENTI DEL PIO ALBERGO TRIVULZIO”. La battaglia contro il Covid diventa un braccio di ferro tra i dipendenti e la gestione del Pat, in una schermaglia di dichiarazioni e smentite. Fino a prova contraria, non vi sono colpevoli. Per ora le vittime sono gli anziani deceduti e chi ha subito il contagio. Come sia accaduto, lo stabilirà la magistratura.

Ma ecco il documento.
“Noi medici, infermieri, sanitari e amministrativi del P.A.T. riteniamo doveroso, a tutela della nostra dignità personale e della nostra immagine professionale, prendere le distanze da quanto affermato da alcuni nostri
colleghi nei comunicati stampa apparsi nei giorni scorsi sul quotidiano “Il Giornale”. Tali dichiarazioni divulgate- si legge – come rese in “assoluta spontaneità”, oltre ad essere condivise dal Direttore del Dipartimento Sociosanitario mediante apposizione della propria firma di sottoscrizione, portano altresì il timbro istituzionale dello stesso Direttore a margine e in calce alla dichiarazione stessa”
.

E’ un forte presa di distanza da un’altra versione, dunque, quella di chi dichiara che al Pat siano state rispettate tutte le regole.

“La triste e sofferta verità è che, a fronte della diffusione del virus all’interno del PAT e delle altre Sedi satellite (Principessa Jolanda e Merate-Frisia)”, secondo la nota, sarebbe un’altra, e cioè l’essere “stati lasciati completamente soli, senza direttive che prevedessero protocolli aziendali diagnostico/terapeutici, univoche direttive sul trattamento dell’epidemia e delle norme di isolamento, senza la possibilità di fare tamponi, senza DPI fino al 23 marzo”.

Affermazioni molto forti, sulle quali chi ha torto o ragione lo valuterà la magistratura che sta indagando. Mentre sono note le posizioni della dirigenza: tutto si è svolto nel regolare rispetto degli ospiti e del personale.

Nella nota, non si accetta che i ritardi sui dpi siano da attribuire all’emergenza: “Particolarmente grave e intollerabile è risultata non soltanto la mancata fornitura delle mascherine e dei tamponi”.

Infatti si fa avanti l’accusa più spinosa, quella secondo la quale si sarebbe stati ” redarguiti dal personale direttivo nel caso qualcuno del personale sociosanitario indossasse mascherine portate da casa a tutela della salute degli ospiti e del personale stesso”.

Nelle dichiarazioni ufficiali la direzione ha sempre smentito. Smentito anche che i dipendenti fossero, come invece sostiene la nota, “obbligati a toglierla al fine di evitare di generare “un inutile e ingiustificato allarmismo” tra i pazienti e i loro parenti”.

Torna ancora sul tavolo la vicenda del prof. Bergamaschini. Secondo la direzione è stato “allontanato” per metterlo in sicurezza. Ma per altri la versione è un’altra.
“…Qualcuno di noi (Prof. Bergamaschini) è stato sospeso temporaneamente dal servizio per aver contravvenuto alla disposizione, altri sono stati invece invitati a riprendere anzitempo il servizio dopo un periodo di quarantena fiduciaria senza che prima avere eseguito il primo e il secondo tampone per verificarne la negatività e evitare l’ulteriore diffusione del contagio tra gli ospiti e il personale”.

Poi si passa all’attacco su un altro fronte. Secondo quanto si legge, sarebbe stato impedito “l’invio in urgenza, tramite 112, dei pazienti più gravi in Pronto Soccorso sostenendo che: “paradossalmente allo stato [attuale] le nostre cure risultano essere migliori e più dignitose rispetto a quelle del PS stante il fatto che i nostri [pazienti] non vengono quasi mai messi in ventilazione assistita””. Dichiarazioni su cui può giudicare solo chi sta investigando. Per la direzione, non vi sono state invece omissioni.

Che non vi sia pace al Trivulzio traspare chiaramente nei passaggi successivi, laddove si sostiene che il personale sarebbe “spostato da un reparto all’altro senza verificare la negatività al tampone, esponendo quindi al contagio ulteriore personale sanitario e ulteriori pazienti”. Ma per la direzione sanitaria, tutti i protocolli sono stati rispettati. Non vi sono irregolarità.


“Possiamo affermare – si legge nel comunicato – di aver profuso tutta la nostra energia e professionalità senza alcun risparmio, spesso osservando turni di lavoro a dir poco massacranti, ma continuando a fornire tutta l’assistenza necessaria ai pazienti, garantendo loro quanto nella nostra disponibilità attraverso le terapie di supporto disponibili e isolando ogni caso clinico sospetto nei limiti del possibile (pur in assenza dei tamponi), per offrire a ciascun paziente la miglior cura possibile. Molti di anche hanno messo a repentaglio la propria salute rimanendo vittima del contagio a causa delle descritte carenze sotto il profilo della normativa di prevenzione e sicurezza dei luoghi di lavoro“. Anche in questo caso, la direzione ha sempre sostenuto di aver invece agito mettendo in sicurezza tutto il personale, nel rispetto delle linee guida.


Nella nota, si ricorda di aver “continuato a intrattenere le relazioni con le famiglie di tutti i pazienti in particolare quelli critici e quelli isolati in osservazione, cercando di fornire loro la comunicazione più chiara e trasparente possibile, nonostante il clima aziendale interno non fosse tra i più favorevoli.
Concludiamo questo breve comunicato segnalando che il nostro maggior rammarico è legato al fatto che nonostante la nostra abnegazione e dedizione, pur in condizioni così difficili, non siamo riusciti ad arginare
la diffusione del virus e ad evitare le infauste conseguenze.
Siamo comunque disponibili ad essere ascoltati in qualità di testimoni da ciascuno degli organi inquirenti ed ispettivi deputati a far luce sulla vicenda, affinché vengano pienamente accertati i fatti e venga fatta
chiarezza su quanto accaduto”
. Lettera firmata.


IL GIORNALE

Direttrice: Stefania Piazzo
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