Il piano inclinato verso il comunismo

24 Maggio 2020
Lettura 2 min

di Luigi Basso – Secondo molti analisti economici, lo Stato Italiano sarebbe da anni sull’orlo di una crisi sistemica, di un default finanziario.
Secondo altri, al contrario, la salute finanziaria dello Stato non sarebbe affatto in pericolo, poiché il sistema Italia può contare su una ricchezza privata almeno 4 volte superiore al debito pubblico e, quindi, in caso di necessità sarebbe sufficiente drenare ricchezza dal privato al pubblico per salvare il sistema.


Il problema è davvero di difficile soluzione, poiché entrambe le affermazioni sono fuorvianti, dato che la prima guarda solo al lato finanziario, mentre la seconda solo al dato patrimoniale.
La prima non tiene conto del fatto che lo Stato può contare su strumenti di finanza pubblica potentissimi per allontanare il fallimento, come per esempio fare debito.
La seconda non tiene conto che il patrimonio di 10.000 miliardi è in gran parte inutilizzabile in caso di default e, quindi, si tratta di numeri solo sulla carta: perché il 60% della ricchezza privata è costituita da immobili, difficilmente monetizzabili in tempi rapidi per evitare un default e da un 25% di titoli dei quali non sarebbe facile per uno Stato poter disporre come roba propria.
Quindi queste affermazioni non aiutano a capire cosa ci aspetta.


Occorre piuttosto guardare ai due aspetti facendone una sintesi.
La macchina statale esiste finché resiste e resiste fino a quando la metà più uno dei cittadini è disposto a fidarsi.
Lo Stato italico conta su un esercito di circa 20 milioni di soldati, pronti a tutto, determinati e compatti.
La macchina dello Stato costa 850 miliardi complessivamente, di cui la metà circa alimentano il suo esercito.
I Dipendenti di tutta la struttura pubblica, 3 milioni e 300mila circa, dai comuni al quirinale, costano circa 160 miliardi. L’INPS spende 318 miliardi per prestazioni istituzionali dei 16/17 milioni di pensionati. Il resto della spesa pubblica è comprimibile, ma non del tutto, diciamo al 50% di quella attuale.
In altre parole, la PA potrebbe anche reggere una diminuzione di entrate purché le fosse consentito comunque di coprire 500 miliardi di stipendi e pensioni + diciamo 140 miliardi di costi ineliminabili.
Lo Stato potrebbe in teoria mantenere la sua struttura con 650 miliardi di tasse, quindi anche con una minore entrata di 100 miliardi rispetto a oggi. Poiché le tasse sono circa il 43% del PIL e valgono 750 miliardi circa, per avere una minore entrata di 100 miliardi, portando il totale delle entrate a 650 miliardi circa, il PIL potrebbe anche calare di 220 miliardi, cioè scendere a 1.580 miliardi, con un calo del 12/15%, senza conseguenza per i dipendenti pubblici e pensionati.
Quanto detto, al netto del fatto che lo Stato italiano avrebbe ancora una discreta possibilità di aumentare il debito pubblico, soprattutto col QE della cattifa Europa, nonché una possibilità di prelevare circa 500 miliardi, anche se in più anni, di ricchezza privata disponibile cash (1600 miliardi sui conti e 200 miliardi di moneta).


La cosa importante, l’unico obiettivo dello Stato italico è mantenere i suoi 20 milioni di soldati, che peraltro col loro assegno statale mantengono almeno altrettanti cittadini.
Questa maggioranza può continuare a resistere, e dunque a esistere, così, con emissioni di debito e prelevamenti di ricchezza privata, ancora per molti anni.
Prepariamoci quindi ad un futuro di continua diminuzione di servizi a fronte di sempre maggiori tasse, il tutto con lo scopo di continuare a foraggiare la struttura dell’esercito statale.


Alla minoranza non resta che andare via o fare la fine di quegli organismi che sono attaccati da parassiti che gli lasciano giusto quelle energie per continuare a fornirgli cibo.
Questo, al netto degli imprevisti della Storia.

Photo by Alina Grubnyak 

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