Migranti, i “Centri di permanenza saranno inefficaci”. Ecco perché

26 Ottobre 2023
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In un momento in cui il contrasto all’immigrazione irregolare e le chiusure verso i flussi di richiedenti asilo sono al centro dell’arena pubblica, il Dossier Statistico Immigrazione 2023 del Centro Studi e Ricerche IDOS, in collaborazione con Centro Studi Confronti e Istituto di Studi Politici “S. Pio V”, che viene presentato oggi, alle ore 10.30, in contemporanea in tutte le regioni oltre ad essere disponibile nel sito web Dossierimmigrazione.it – ​​analizza, dati alla mano, l’aderenza tra le politiche intenzioni e l’ efficacia delle misure adottate, tra le quali spicca il trattenimento amministrativo, rafforzato ed esteso ai richiedenti asilo. “Emerge vistosamente l’inefficacia del modello detentivo – sottolinea il Dossier -: i Cpr esistono già da 25 anni, non funzionano (appena la metà della gestione dei trattenuti viene rimpatriata), ma costano enormemente in termini economici (56 milioni di euro solo per la dell’ultimo triennio) e di rispetto dei diritti umani.A dieci anni dal naufragio del 3 ottobre 2013 ea meno di un anno da quello di Cutro, il contrasto all’immigrazione irregolare si sta concentrando non sui trafficanti (da non confondere con gli scafisti alla guida delle imbarcazioni) ma sui migranti, accomunati e confusi nella categoria dell’irregolarità, anche quando sono persone in fuga da guerre, crisi climatiche e gravi violazioni dei diritti umani”. 

I dati del Dossier aiutano a orientarsi nel “confuso dibattito in corso”, anche in relazione all’efficacia e alla sostenibilità delle misure introdotte dal governo, a partire dalla protezione amministrativa, ampiamente estesa – con modalità inedite – anche ai richiedenti asilo: “Nel 2022, su oltre 500.000 stranieri stimati in condizione di soggiorno irregolare in Italia (un decimo rispetto ai poco più di 5 milioni regolarmente residenti), soltanto a 36.770 è stata intimata l’espulsione, circa 1 ogni 14 (inclusi 2.804 afghani e 2.221 siriani, che pure fuggono da Paesi in guerra e da gravi pericoli per la propria persona). Di questi, solo 4.304 (11,7%) sono stati effettivamente rimpatriati: una quota estremamente bassa e inferiore a quelle registrate perfino negli anni dell’emergenza sanitaria ( 15,1% nel 2021 e 13,7% nel 2020), protette da forti restrizioni nella mobilità internazionale”. 

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