ACQUA ALTA 1 / I dati choc dell’economia veneta: sei aziende su 10 erano già ferme prima del Covid

23 Maggio 2020
Lettura 1 min

di Stefania Piazzo – Di grane il Veneto ne avrà parecchie. Come tante altre regioni. Ma se parliamo dell’economia tra le più forti del Paese con una forte propensione all’export, all’internazionalizzazione, i dati che escono dall’ultimo volume della Cgia di Mestre Veneto e NordEst, dedicato all’economia dal titolo Coronavirus, Veneto-Cina e Export lasciano senza parole.

La tabella che riportiamo dice tutto.

Leggiamo nel volume che “Alla fine del primo mese di stop imposto dal Coronavirus (13 aprile 2020), quasi 6 imprese artigiane su 10 erano ferme
al palo (il 58,5% del totale come risultante dai codici ATECO, si veda tabella 2). Estendendo la percentuale di chiusura anche ad alcune attività per le quali è stata consentita la sola consegna a domicilio, la quota di imprese artigiane chiuse si alza al 62%.
Questa percentuale di chiusura è risultata essere, nella sostanza, più o meno la stessa anche nel periodo fino al 3 maggio 2020, data alla quale è stato prorogato poi il “lockdown”.

In Lombardia si stima una perdita del fatturato artigiano per oltre un 1,4 miliardi di euro, in Veneto si attesta a quasi 800
milioni di euro e in Emilia Romagna intorno a 730 milioni di euro.

In tutta Italia lo stop ha causato 7,3 miliardi di fattura perso.

Ma il punto chiave, per chi fa politica e governa le regioni, è questo passaggio: “È bene ricordare anche come l’artigianato stesse già vivendo
una fase di crisi decennale. Il settore non si è mai ripreso dalla profonda crisi del 2008-2009 e dalla nuova ondata di recessione del 2012-2013. A livello nazionale, in 10 anni, tra la fine del 2009 e la fine del 2019 il numero di imprese attive artigiane è sceso di una dozzina di punti percentuali: si contano 178 mila imprese in meno in un decennio”.

Guardiamo bene in faccia la realtà. Non ci siamo mai più ripresi. La politica industriale, fiscale, non ha neppure partorito un topolino. Sono settimane, fateci caso, che non si parla più di recessione. Si parla solo di piani straordinari dall’Europa o dal governo Conte.

In realtà di straordinario c’è la mancanza di coraggio nel dire che i partiti non hanno un piano, un progetto, un’idea in testa sul come uscire da una crisi che compie 12-13 anni. Non c’è il coraggio di cambiare lo Stato e di liberare le energie dei territori.

Ora i governatori, o il governatore veneto, potranno essere fieri dei risultati raggiunti nell’emergenza, ma devono avere il coraggio di dire quale modello di Stato hanno in testa. Quello centrale, pesante, del residuo fiscale trattenuto senza sosta, o un modello federalista, autonomista, in cui le 6 imprese su dieci che sono morte prima del Covid possano tornare a vivere. Altrimenti è campagna elettorale. Perché se le pmi sono morte non lo devono agli sbarchi ma all’assalto statale alla diligenza degli onesti.

1° puntata

Photo by Jonathan Ford 

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