Open Arms, ammesso anche Richard Gere. Salvini: Non mi pento

23 Ottobre 2021
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utti ammessi i testi al processo Open Arms, sul ritardo dello sbarco a Lampedusa, nell’agosto 2019, di 147 migranti a bordo per Open Arms. Il leader della Lega ed ex ministro dell’Interno, Matteo Salvini, imputato per sequestro di persona e rifiuto d’atti d’ufficio, era presente alla seconda udienza nella quale il presidente della II sezione penale, Roberto Murgia, nell’aula bunker del carcere palermitano di Pagliarelli, ha deciso che anche l’attore statunitense Richard Gere deporra’, cosi’ come, tra gli altri, Giuseppe Conte e la ministra Luciana Lamorgese. Rinviando al 17 dicembre. La procura si era opposta, temendo una spettacolarizzazione: “Un teste deve essere ammesso – aveva argomentato il procuratore Francesco Lo Voi, che ha sollecitato invece “l’interrogatorio dell’imputato” – per fornire un contributo utile. Al di la’ della spettacolarizzazione data dalla presenza di una star internazionale, che non interessa questa procura, ci sono ben altri e ben piu’ qualificati testi che possano riferire sulle condizioni complessive dell’imbarcazione, sullo stato dei naufraghi e del personale di bordo”. Ma il legale di Open Arms, che aveva citato l’attore americano, aveva ribadito: “Gere e’ stato a bordo della nave il 9 agosto 2019 e ci puo’ riferire quali fossero le situazioni complessive a bordo”

A inizio udienza Salvini twitta contro la sinistra: “Qui Aula di giustizia del carcere di Palermo. Il processo voluto dalla sinistra e dai tifosi dell’immigrazione clandestina comincia: quanto costera’ ai cittadini italiani?”. Alla fine sbotta: “Ditemi voi quanto e’ un serio un processo dove verra’ da Hollywood a testimoniare sulla mia cattiveria Richard Gere. Spero che duri il meno possibile perche’ ci sono cose piu’ importanti di cui occuparsi. Mi spiace solo per due cose: per il tempo che tolgo ai miei figli e per i soldi che gli italiani spendono per questo processo politico organizzato dalla sinistra in un anno in cui gli sbarchi raddoppiano nonostante il covid. Difendere i confini, la sicurezza l’onore di un Paese e’ un dovere, andare a processo perche’ ho fatto il mio dovere e’ surreale”. Nella lista testi della procura – oltre al comandante della Open Arms, Marc Reius Creig e il capo missione Ana Isabel Montes Mier – anche il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese, quello agli Affari esteri Luigi Di Maio, l’ex premier Giuseppe Conte, e gli ex ministri Danilo Toninelli e Elisabetta Trenta. E poi, ancora, il prefetto e il questore di Agrigento, Dario Caputo e Rosa Maria Iraci; i prefetti Matteo Piantedosi (capo di Gabinetto del ministero dell’Interno), Paolo Formicola, vice capo di Gabinetto del ministero dell’Interno e Emanuela Garroni, vice capo di gabinetto vicario del ministero dell’Interno. Presente all’udienza anche Oscar Camps, il fondatore della ong spagnola Open Arms: “Il significato di essere qui e’ ottenere un segnale di giustizia. Salvare persone non e’ un delitto, ma e’ un obbligo non solo dei capitani, ma per gli Stati tutti. Agevolare l’individuazione di un porto sicuro, indipendentemente dalla situazione amministrativa di un Stato e dagli accordi di uno Stato, non ha nulla a che vedere con la situazione politica. E’ un atto umanitario”.

Il leader della Lega tira dritto: “Pentirmi? Assolutamente no perche’ ho fatto il mio dovere. Una nave spagnola che rifiuta di andare in Spagna compie un abuso, mi sembra semplice. Io allora facevo il ministro in Italia, conto di tornare a fare il ministro in Italia e quindi le navi spagnole vanno in Spagna sopratutto se la Spagna offre non uno o due porti. O e’ capriccioso o ha altre intenzioni questo signore”. Il suo legale, Giulia Bongiorno, ragiona: “Il processo di Catania e’ un processo matrioska perche’ quel giudice ha analizzato una serie di eventi, tantissimi sbarchi e, tra questi, anche quello di Open Arms, con un grado di approfondimento non da udienza preliminare. Ha poi motivato la sentenza anche precisando che per Open Arms non c’era competenza italiana sulla base di una rigorosissima analisi di documenti. Ecco perche’ – ha sostenuto in riferimento al non luogo a procedere disposto dal gup di Catania sul caso Gregoretti – fra tutti i documenti che oggi sono stati presentati ce n’e’ uno che e’ il cuore del processo: questa analisi approfondita fatta da un giudice che ha emesso una sentenza definitiva. Non c’era quindi competenza italiana”. Insomma, Palermo e Catania “casi gemelli”: “Ci fu una condivisione da parte del governo di allora. Un vero e proprio consenso da parte di ministri e del presidente del Consiglio, in particolare, al fine di cambiare il tipo di linea politica: prima di tutto il rispetto della salute ma contemporaneamente chiedere aiuto all’Europa. Anche qui non c’e’ stato nessun ritardo per lo sbarco, semmai il tempo necessario per stabilire di chi era la competenza e dove dovevano sbarcare”.

Nuova udienza, dunque, il 17 dicembre. La procura citera’ sette testi: si tratta di Giovanni Minardi, dirigente della Squadra Mobile di Agrigento, Giovanni Franco, in servizio alla Mobile di Agrigento; Sergio Liardo, Capo del terzo Reparto “Piani e Operazioni” ed Imrcc del Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto; Edoardo Anedda, comandante delle Sezioni Unita’ Navale e Operativa della Stazione Navale della Guardia di Finanza di Palermo; Leandro Tringali, Comandante dell’Ufficio Circondariale Marittimo di Lampedusa; Nunzio Martello, Capo del Reparto Personale del Comando Genera/e delle Capitanerie di Porto.

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