Passa il Mes ma Renzi è pronto a bloccare il Piano

9 Dicembre 2020
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“Il Governo ha bisogno della massima coesione delle forze di maggioranza: è importante il confronto dialettico, la varietà di posizioni, ma poi va superata in una sintesi superiore la varietà di opinioni”. Tutta la delicatezza della posizione di Giuseppe Conte si riassume in queste sue parole nel suo intervento in aula al Senato in vista del Consiglio europeo dei prossimi due giorni Ma per ora la varietà non manca e la sintesi fatica a mostrarsi.

Certo, Conte incassa nei due rami del Parlamento la ricomposizione faticosa di gran parte dello strappo nel Movimento 5 stelle sulla riforma del Meccanismo europeo di stabilità ma deve fare i conti con l’attacco frontale del leader di Italia viva Matteo Renzi, che annuncia un futuro voto contrario dei suoi diciotto senatori al Recovery Plan del Governo se non ne modificherà i contenuti e non ritirerà il suo progetto di governance.

Intanto il Consiglio dei ministri che doveva dare l’ok al Piano slitta ancora a data da destinarsi: forse domani. Quella dell’ex premier è una sorta di requisitoria: “Avevamo chiesto a Conte di venire in aula, non va bene che ci arrivi nottetempo alle 2 un progetto di 128 pagine, con una proposta che prevede dei manager con poteri sostitutivi rispetto al Governo. Signor presidente – dice Renzi rivolgendosi a Conte – visto che i suoi collaboratori chiamano le redazioni dei giornali dicendo che noi siamo in cerca di una poltrona, se ha bisogno di qualche poltrona le comunico che ce ne sono tre: due da ministro e una da sottosegretario. Sono a sua disposizione”. Comunque, se nella manovra “c’è un provvedimento che porta la governance del Next Generation Eu e un provvedimento con la Fondazione dei servizi segreti votiamo no. Lo diciamo prima”. Alla Camera, i voti a favore della risoluzione di maggioranza, che dà il via libera alla riforma del Meccanismo europeo di stabilità legando il sì all’impegno del Governo italiano per altre riforme in ambito europeo, sono 314 contro 239 no e 9 astensioni. Al Senato, il documento passa con 156 sì, 129 no e 4 astenuti. Numeri non larghissimi ma sufficienti per ora a tenere a galla la barca capitanata da Conte. Tredici i dissidenti irriducibili del M5S alla Camera che hanno votato contro, due invece al Senato: ma in nove non partecipano al voto e tra loro si segnala il presidente dell’Antimafia Nicola Morra, uno dei big della prima ora nel Movimento. Almeno i duri sono destinati all’uscita: il capo politico reggente Vito Crimi, nei corridoi di palazzo Madama, parla di “statuto, codice etico” e dei doveri di lealtà che gli eletti stellati hanno. Se non sul piano giuridico-formale (non c’è stato nei giorni scorsi un voto dei gruppi sulla risoluzione pro-Mes), sul piano politico i presupposti per iniziative disciplinari a suo giudizio ci sono. Conte incassa alla Camera la ribellione pro-Mes di Renato Brunetta che alla Camera tuona: “Io non voterò contro, voterò in dissenso dal mio partito, questo non sarà in mio nome”. Ma al Senato allargano il solco a favore della maggioranza anche i nove forzisti che non partecipano al voto: e Andrea Cangini che al Senato annuncia questa scelta ringrazia il gruppo azzurro per il “rispetto”. I nodi per il premier restano tutti da sciogliere però, non solo per l’ennesima prova di fragilità della maggioranza che lo sostiene ma anche per lo stallo ancora non superato in Europa sul Recovery Fund e per lo scontro interno alla maggioranza sulla sua gestione. Conte va a Bruxelles annunciando uno “spiraglio” nel negoziato con Polonia e Ungheria che finora hanno bloccato il via libera all’intesa su Recovery Fund, la partita su cui si decide la sorte del Governo e la ripresa post-pandemia per l’Italia. Matteo Salvini rimprovera in aula a palazzo Madama “l’attivismo del presidente Mattarella” attraverso dei retroscena sui giornali. Forse anche per questo sul consueto confronto fra il capo del Governo e il capo dello Stato in vista del Consiglio Ue (stavolta in videoconferenza, dopo che l’allarme Covid ha colpito nei ranghi del Governo con la positività al virus della ministra Luciana Lamorgese) varie fonti fanno circolare precisazioni sul fatto che di maggioranza, rimpasti, crisi di governo ed elezioni non si è parlato perché “non è quella la sede”. Ma nei palazzi se ne parla eccome, e senza un accordo che consenta il varo del Piano in Consiglio dei ministri, l’argomento è destinato a rimanere attuale.

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