Anche nel biellese c’era un monumento ad Arnaldo Mussolini, ma è stato abbattuto…

16 Agosto 2021
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di Roberto Gremmo – Per più di un secolo, dalla prima metà dell’Ottocento alla seconda di quello successivo, si combatte sui monti fra Mosso e Trivero una guerra di simboli, per ‘segnare’ l’appartenenza ideologica di quel lembo di Biellese dove in passato s’era combattuta una vera Crociata, perché il suo esito favorevole al Papato doveva far prevalere il potere ecclesiastico, ed ha avuto perfettamente ragione Emanuele Sella scrivere che se fosse prevalso il guerrigliero Dolcino sarebbe nata una nuova nazione, la “Padania” così come nel ‘Midì’ francese sarebbe nata l’Occitania se i Catari puri di spirito non fossero stati sterminati.

Dopo molti secoli, i ricordi e le reliquie di quel lontano passato hanno continuato a dividere, anche se i contrasti son passati dalle armi alle meno cruenta lotta dei simboli.

I primi a scendere in campo sono stati i cattolici, vincitori nel 1307 ‘manu militari’ dell’eresia dolciniana che sul monte prospiciente l’ultima difesa dei ribelli nel 1837 hanno eretto un piccolo santuario, benedetto il 17 luglio 1839 dal vescovo di Biella monsignor Losana.

Era poi toccato agli avversari massoni e socialisti ‘rivendicare’ il possesso ideale delle montagne dolciniane e lo hanno fatto prima scegliendo di fondare il “Corriere Biellese” proprio sul monte dell’ultima resistenza degli eretici e poi erigendo nel 1907 sulla stessa cima un obelisco alto parecchi metri.

L’inaugurazione fece epoca, perché vi parteciparono almeno diecimila persone, in maggioranza appartenenti alle organizzazioni del movimento operaio. Però accanto ai vessilli socialisti garrivano al vento i labari della loggia massonica “Verità” di Biella; del “Grande Oriente. Grande Loggia Simbolica” di Roma; “Dante Alighieri”, “Ausonia” e “Cavour” di Torino; “Vochieri” di Alessandria; “La Ragione” di Milano; “Giordano Bruno” di Pinerolo; “Vittorio Alfieri” di Asti; “Stella d’Italia” di Genova e “Pontida” di Bergamo.

L’emblema del ‘libero pensiero’, posto su una cima più alta di quella su cui era stato edificato il santuario a San Bernardo, sembrò simbolicamente prevalere sul nemico clericale.

Ma già nel 1917 l’obelisco dolciniano fu oggetto di vergognosi atti di valdalismo da parte di fanatici militaristi ‘patriottici’ finché nell’estate del 1927 nel corso di imponenti manovre militari l’obelisco dolciniano veniva scelto come obiettivo dei tiri di artiglieria ed abbattuto.

E giunse l’ora che nella ‘guerra dei simboli’ dovevano inserirsi i fascisti, con un loro obelisco.

Nell’inverno del 1938 quando per iniziativa ed a spese degli industriali Zegna venne costruita in ossequio alla politica autarchica la centrale idroelettrica del Piancone, accanto alla strada costruita per l’occasione dal santuario della Novareja, in un punto particolarmente suggestivo e panoramico venne eretto un obelisco dedicato al fratello di Mussolini, Arnaldo morto prematuramente nel 1931 inaugurato dal ministro dei lavori pubblici Giuseppe Cobolli Gigli di fronte a centinaia di lavoratori stretti nelle loro camicie nere benché in pieno inverno.

“Il Popolo d’Italia” spiegava che alla rinascita della montagna biellese “vigila[va] lo spirito di Arnaldo Mussolini. Arnaldo è qui ricordato e venerato come un nume tutelare. A metà della nuova strada sorge un cippo circondato da una nuda esedra, dedicata al nome di Arnaldo “valorizzatore delle montagne e delle selve”. L’esedra è quasi aerea, sporge nel vuoto da una roccia a picco sopra un balzo di trecento metri. Il Maestro rivive qui veramente, nella maestà dei monti, nel solenne silenzio silvestre”.

La dedica al fratello del Duce con l’attribuzione dei meriti come difensore della natura, quasi un antesignano dei ‘Verdi’ era più che giustificata perché per anni Arnaldo Mussolini oltre a dirigere il quotidiano di famiglia, aveva pubblicato il quindicinale “Il Bosco” come organo della “Corporazione forestale Italiana” ed era stato il primo presidente del “Comitato Nazionale Forestale”.

E’ curioso che per onorarne la memoria si sia scelta una forma architettonica come l’esedra, un incavo semicircolare, che simbolicamente richiama la grotta iniziatica ed é uno degli elementi del tempio massonico dove dodici colonne a corona formano sette nodi d’amore.

Non si può dimenticare che Arnaldo Mussolini probabilmente nascondeva il segreto d’una iniziazione esoterica giovanile; come ho ampiamente documentato nel libro “Mussolini e il soldo infame” del 2008 mentre nel libro “Fascismo e magia” ho dimostrato che l’esoterismo in camicia nera è prosperato nell’ombra per tutto il Ventennio,

L’obelisco eretto dai fascisti in Valsessera venne completamente abbattuto dopo la guerra ma è ancora possibile vedere la base del monumento, anche se si è persa completamente memoria del suo significato in un non lontano passato.

Durante il fascismo, mentre s’erigeva l’obelisco ‘nero’ ad Arnaldo Mussolini, quel che restava del simbolo dolciniano venne dimenticato.

Soltanto dopo la Liberazione, un socialista del luogo, emigrante per molti anni, da poco tornato al paese, salì sul monte e con la vernice rossa ( il ‘minio’) tracciò una semplice, commovente scritta su quei sassi abbandonati: “Queste pietre sono sacre”. Nel 1974 il grosso sasso con la scritta è stato murato nel basamento del nuovo ricordo dolciniano eretto sui ruderi del primo obelisco. Un monumento in sienite (‘pera dla Balma’) scolpito con una croce ‘catara’.

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