di Stefania Piazzo – Non entreremo nel merito di una vicenda kafkiana, quella della chiusura lampo, il 5 agosto, in piena stagione, e poi l’altrettanto fulminea riapertura del Luna Park al Lido delle Nazioni, nei lidi ferraresi di Comacchio. Perché il senso della vicenda non sta tanto in chi, a questo punto, ha torto o ragione, se le “carte” che in situazioni come queste vengono tirate in ballo per esibire bolli, autorizzazioni, permessi, licenze, ci fossero intere o con un pezzo in meno o con requisiti messi in discussione, adesso.
Perché se poi tutto riparte, vuol dire che bastava parlarsi. E chiarire, e definire una volta per tutti i termini della questione.
Sui media locali abbiamo letto dichiarazioni in questo fine settimana di fuoco. Pareva che le giostre fossero cadute dal cielo su terreni privati senza autorizzazione, che il suolo fosse occupato da mostri pericolosi, senza certezza di sicurezza.
Guglielo Pevarello, presidente nazionale Unav, Unione nazionale attrazionisti viaggianti, ha solo un commenti: “Per un cavillo, poi chiarito da una relazione tecnica su un’attrazione, sono state messe in croce 40 famiglie, chiudendo tutta l’area che ha una enorme rilevanza turistica ed economica. Quanto accaduto è grave, non si può amministrare così un territorio che vive l’estate come risorsa, penalizzando chi lavora”.
Tre giorni dopo, tutto a posto. E, magicamente, le caselle si incastrano. Se i cittadini avessero dovuto tenere per buone e assolute le dichiarazioni degli amministratori locali, sarebbero dovuti intervenire i caschi blu dell’Onu. Invece, la stagione, dopo questo ictus burocratico, che comunque lascia un segno, riparte.
Possibile che, in Italia, tutto si decida ai tempi supplementari, anzi, ai rigori? Non è serio.